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È dal 22 ottobre 2009 che la morte di Cucchi è diventata un caso di risonanza nazionale. Tra depistaggi e verità emerse soltanto negli anni successivi, la vicenda del giovane geometra romano si è trasformata anche in un caso politico: da una parte le dure contestazioni di chi chiedeva giustizia e denunciava i comportamenti degli agenti di polizia penitenziaria, dall’altra il tentativo di alcuni esponenti politici di difendere a ogni costo l’operato delle forze dell’ordine. 

Il tema dei depistaggi e delle ricostruzioni manipolate è riemerso anche davanti alla Corte d’Appello di Roma, che nelle motivazioni della recente sentenza ha definito le versioni fornite dal comando dei Carabinieri come una “verità di comodo”, pensata soprattutto per proteggere l’immagine dell’Arma.

Arrivano le sentenze della corte d'Appello

In particolare, la ricostruzione presentata dal generale Casarsa aveva l’obiettivo di descrivere Cucchi come una persona già gravemente malata, sottolineando i suoi trascorsi con le sostanze stupefacenti e spostando così l’attenzione dalle responsabilità dirette dei militari. Lo scorso 19 giugno la Corte d’Appello ha confermato la condanna al colonnello Sabatino e ha inflitto a De Cianni due anni e mezzo di reclusione. Per altri imputati – Colombo Labriola, Testarmata, Cavallo e Soligo – già condannati in primo grado, è arrivata invece l’assoluzione.

Nelle motivazioni i giudici sottolineano come l’immagine di Cucchi sia stata manipolata per sostenere questa linea difensiva: dipinto come epilettico, tossicodipendente – anche se non lo era più al momento dei fatti –, anoressico, persino sieropositivo, circostanza falsa e subito smentita. Una descrizione costruita ad arte per ricondurre la morte a condizioni pregresse, escludendo ogni responsabilità legata alle violenze subite in custodia.

Il comportamento di Sabatino, si legge ancora, non fu un’iniziativa isolata né priva di logica, ma parte di un disegno più ampio: quello di distogliere i sospetti dagli appartenenti all’Arma e orientare le indagini su piste alternative. Una strategia che, secondo la Corte, ha finito per colpire in primo luogo Cucchi e la sua famiglia, trasformatisi nelle prime vittime del depistaggio, e in seguito altri soggetti indicati ingiustamente come responsabili.

Un caso arrivato anche nei cinema italiani

Il caso di Stefano Cucchi ha suscitato grande attenzione anche nel mondo del calcio e tra le varie tifoserie italiane. Non ha fatto eccezione quella del Lecce, che in più occasioni ha espresso la propria vicinanza e solidarietà alla famiglia, sostenendo in particolare la sorella Ilaria, sempre in prima linea nella battaglia per ottenere giustizia e fare piena luce sulla vicenda del fratello. 

La storia di Cucchi, simbolo di una ricerca ostinata della verità di fronte a silenzi e depistaggi, è diventata negli anni un punto di riferimento per molte curve e gruppi organizzati, che hanno scelto di schierarsi apertamente al fianco della famiglia. Un impegno che è andato oltre il tifo e che ha contribuito a mantenere viva l’attenzione su una vicenda che ha profondamente segnato l’opinione pubblica italiana.

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