Il fiuto di Corvino non tradisce mai: anche stavolta aveva ragione lui

Da Lecce a tutta Italia, la sua visione continua a lasciare il segno...
C’è un numero 9 che segna, trascina e lotta come pochi. Si chiama Dusan Vlahovic e, in questo avvio di stagione, è il volto di una Juventus che vince e convince, ma che al tempo stesso si guarda allo specchio e si interroga: non era meglio tenerselo stretto?
Già, perché nel vortice di rinnovi mai arrivati e strategie mai del tutto chiare, la società bianconera ha lasciato scivolare tra le dita uno dei suoi asset più importanti. Tecnico, ma anche patrimoniale. Vlahovic, oggi, è un calciatore con la valigia semi-pronta: contratto in scadenza a giugno, idea di cessione per non perderlo a zero, e quella sensazione – fin troppo concreta – che la storia con la Juve sia ormai al capitolo finale.
Numeri da bomber vero
Ma mentre le strategie societarie guardano al futuro (e a Openda e David), il presente parla serbo. Quattro gol tra campionato e Champions League, uno ogni 35 minuti giocati. E anche un assist. In totale: 141 minuti in campo, 5 partecipazioni dirette a gol. Media da top europeo. Dusan non si è fatto intimidire dalla concorrenza, non ha arretrato di un centimetro. È rimasto. E sta rispondendo sul campo.
Nel rocambolesco 4-4 europeo contro il Borussia Dortmund è stato tra i protagonisti con una doppietta da urlo. In campionato, tre vittorie su tre, anche grazie alle sue reti decisive. Tudor se lo coccola, lo schiera, lo responsabilizza. Lui risponde da leader. Con la fascia invisibile sul braccio e quella voglia feroce di lasciare il segno.

Rinnovo, occasione persa
E qui torna il grande rimpianto. Negli ultimi anni la Juve ha avuto più di un’occasione per sedersi al tavolo e chiudere il rinnovo. Ci ha provato, sì, ma senza mai affondare il colpo. Forse convinta che le richieste fossero eccessive. Forse perché, all’interno della dirigenza, qualcuno non lo riteneva così centrale. Sta di fatto che il tempo è passato e il tempo, nel calcio, raramente perdona.
Ora si rischia di perdere a zero un centravanti nel pieno della maturazione calcistica. Uno che, come ricorda sempre qualcuno, "vede la porta come pochi".
Corvino, il profeta
E allora torna in mente lui: Pantaleo Corvino. L’uomo che lo scovò giovanissimo, lo portò alla Fiorentina e lo fece diventare un talento da vetrina europea. Intervistato da Sportitalia ad agosto, il dirigente del Lecce fu chiarissimo:
Vlahovic? Ultimamente sono state fatte valutazioni sbagliate. Tutta questa negatività che ho sentito a livello di tifoseria e a livello mediatico la condanno.
In una Juve non dominante, ha segnato circa 60 gol in meno di 150 partite. È da grande squadra, i numeri parlano chiaro. Continuerei a dare fiducia a lui e lo terrei.
Aveva ragione. Ancora una volta. Perché Vlahovic, oggi, è la luce in un attacco che fatica ancora a trovare equilibrio. E perderlo la scorsa estate sarebbe stato un errore tecnico, economico e – soprattutto – simbolico.

Un addio che fa già male
Dusan ha scelto di restare per giocarsi le sue carte. Lo fa con orgoglio e col solito furore agonistico. Ma il futuro sembra segnato. A giugno le strade si separeranno. Con tanti saluti, forse nemmeno troppo amari, da parte di una società che ha preferito guardare altrove. Ma con un filo di malinconia che, giornata dopo giornata, rischia di trasformarsi in un rimpianto sempre più grande.
E alla fine, lo dice la storia, ha sempre ragione Pantaleo Corvino.