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Di fronte ai riflettori, il silenzio. Accanto a Corvino e Sticchi Damiani, la scena muta. E ogni volta, puntuali, arrivano critiche e ironie: "Ma perché Trinchera non parla mai?".
Eppure, la risposta è semplice: perché non ne ha bisogno.

Stefano Trinchera, Direttore Sportivo dell’US Lecce, è uno di quei rari dirigenti che preferisce l’ombra alla ribalta, lo spogliatoio ai microfoni, il campo ai palchi. Non è timidezza, non è sudditanza, non è inadeguatezza: è coerenza. Chi conosce Trinchera, lo sa bene. È sempre stato così, anche da calciatore. Capitano silenzioso, ma ascoltato ovunque abbia giocato: Avellino, Ternana, Reggiana, Brindisi. E oggi, più che mai, è così anche nel suo Lecce.

Poche parole

Un dirigente che non parla, ma fa. I numeri, anche qui, parlano per lui: 205 partite da DS del Lecce — 116 in Serie A, 38 in Serie B, 34 in Lega Pro, 13 in Coppa Italia, 3 nei playoff. Un uomo che ha vissuto e costruito il progetto giallorosso fianco a fianco con Pantaleo Corvino, il suo mentore e compagno di lavoro.
Una figura alla Fabio Paratici, quando alla Juventus c’era Marotta a parlare per tutti. Paratici non diceva nulla nelle conferenze stampa, non rilasciava interviste: lavorava sul campo, scovava talenti, costruiva. Trinchera fa lo stesso nel Salento. Non per caso.

Già, perché Trinchera il Lecce ce l’ha nel sangue. Nella storia ultracentenaria del club, è l’unico ad averlo rappresentato sia da calciatore che da direttore sportivo. Da giocatore: 44 presenze in campionato (25 in Serie A nel '93/94, 19 in Serie B nel '94/95), 4 in Coppa Italia, 3 nel Torneo Anglo-Italiano. Da dirigente: una promozione in B, tre salvezze consecutive in Serie A, talenti lanciati, operazioni oculate, continuità.

Un uomo che vive il campo H24, che respira calcio, che non ha mai smesso di osservare, cercare, scoprire. Lo sa bene chi ha incrociato il suo percorso: da Nzola a Okereke, da Gennaro Tutino a Wladimiro Falcone. Un occhio clinico, una pazienza certosina.
E se pensate che le sue intuizioni siano frutto del caso, basti ricordare quanto dichiarato da lui stesso nel novembre 2024:

"Sembrerà strano, ma a Cosenza avevo avviato una trattativa con l’agente di Viktor Gyökeres... poi cambiò procuratore, e mi sfuggì".

Già, Gyökeres, oggi bomber dell’Arsenal e uomo mercato in mezza Europa, avrebbe potuto vestire la maglia del Cosenza. Questo racconta molto di Trinchera: vede prima degli altri. Ci prova, ci crede. E quando non accade, non si giustifica. Si rimette al lavoro.

Trinchera e Sticchi Damiani

Carriera partita dal basso

La sua carriera da DS parte da lontano: Virtus Francavilla, dall'Eccellenza pugliese fino alla promozione in Serie C. Poi Cosenza, dove nel giugno 2018 riporta i rossoblù in Serie B dopo 15 anni. Una categoria mantenuta dai calabresi per sette stagioni consecutive.
E nel 2021, la chiamata del Lecce. La chiamata di Corvino. Una fiducia forte, ricambiata sul campo. Il duo Corvino-Trinchera ha riportato il Lecce in A, lanciando un modello sostenibile che oggi rappresenta un unicum nel panorama italiano.

Nel febbraio 2021 l’ADICOSP (Associazione Italiana Direttori e Collaboratori Sportivi) lo ha premiato come miglior direttore sportivo della Serie B 2019/2020. A votarlo? I colleghi. Non i giornali. Non le tv. Chi conosce davvero questo mestiere.

Chi oggi storce il naso davanti al suo silenzio durante le conferenze stampa, sbaglia bersaglio. Trinchera non è l’uomo che fa rumore con le parole. È l’uomo che lavora, che incide, che costruisce. Con coerenza, pazienza, visione.

E se Corvino è la voce, Trinchera è la presenza costante. L’uomo dei corridoi di Via Costadura, del centro sportivo di Acaya, delle trasferte vissute fianco a fianco con lo staff, delle telefonate con agenti e osservatori anche alle tre del mattino.

In un calcio che spesso si misura con le parole, Trinchera sceglie i fatti. E il Lecce, oggi, è anche figlio della sua discrezione.
Perché non sempre chi parla poco ha poco da dire. A volte, è solo troppo impegnato a costruire qualcosa che resterà.

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