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Quando si parla del calcio italiano e delle sue difficoltà, uno dei temi che ricorre ciclicamente è l’assenza di giovani calciatori ritenuti pronti per un determinato progetto tecnico. Negli ultimi mesi si sta cercando di invertire la rotta, come dimostrato dall’ultima giornata di Champions, che ha visto l’esordio di due giovani italiani, Esposito e Bernasconi – soprattutto il primo considerato uno dei migliori prospetti del nostro calcio.

Su questo tema è intervenuto anche Fabregas, prima del match contro la Lazio che ha inaugurato il campionato del Como. Alla domanda specifica sul perché non ci siano giovani italiani in rosa, e si sia scelto invece di acquistare principalmente spagnoli o altri stranieri, Fabregas ha spiegato che, nonostante una ricerca approfondita, non è riuscito a trovare giocatori utili al progetto Como.

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Parole che, durante la puntata di Calcio Franco, format su YouTube con protagonisti Luca Diddi, Luca Toni e Cristian Brocchi, hanno trovato sostegno proprio in quest’ultimo, che ha chiarito i motivi per cui Fabregas non riesca a individuare giovani italiani già pronti per il suo calcio.

Penso che sia giusto suddividere un po’ i due argomenti. Non è che non ci siano giovani italiani bravi che possano giocare nel Como, ma ci sono giocatori che, grazie a un certo percorso giovanile, hanno sviluppato caratteristiche specifiche che si adattano meglio al calcio che sta cercando di proporre Fabregas.

In Italia siamo soliti dire che il nostro calcio è più tattico, mentre il gioco di Fabregas è diverso: non è né meglio né peggiore, ma si fonda su principi precisi, sull’occupazione degli spazi, sui controlli orientati e su un determinato modo di affrontare le partite sia in fase di possesso sia in quella di non possesso. È per questo che non sempre riesce a trovare giocatori italiani già pronti per il suo sistema, ma ciò non significa che i giovani italiani non siano validi: anzi, ci sono e sono anche molto buoni.

Corvino dice che non ci sono italiani buoni? Una ca***ta

Lo stesso tema era stato affrontato diversi mesi fa da Pantaleo Corvino, con toni decisamente meno pacati. Tutti i tifosi del Lecce sanno quanto il direttore vernolese possa essere vulcanico durante le sue conferenze stampa, e in più occasioni ha denunciato la povertà di talento nei settori giovanili, soprattutto di quello italiano.

Una posizione che non è condivisa da Cristian Brocchi e Luca Toni: soprattutto il primo ha bollato queste affermazioni come prive di fondamento, sottolineando invece l’esistenza di un’altra verità che spesso non viene raccontata, in linea con quanto evidenziato di recente anche dall’ex tecnico della Primavera giallorossa Scurto.

Le parole di Brocchi su Corvino

Non voglio entrare nel merito delle scelte tecniche, ma quando sento un direttore come Pantaleo Corvino – con cui sia io che Luca (Toni, ndr) abbiamo avuto a che fare – dire che i giovani italiani non sono buoni, mi dispiace dirlo ma ha detto una sciocchezza, perché non è vero. La realtà è che dietro queste decisioni ci sono altre motivazioni.

Un tempo giocatori come Luca Toni, che partì dal Modena passando per Lodigiani e Fiorenzuola, o come Cristian Brocchi, partito dal Pro Sesto e poi passato al Lumezzane e a Verona, riuscivano a farsi strada. Lo stesso Corvino, tra l’altro, mi voleva portare a Casarano per tre anni quando ero alla Pro Sesto. Ora invece vogliamo far credere che all’improvviso i giovani italiani siano tutti scarsi?

Si dice che i ragazzi di oggi siano sempre al telefono e non giochino più per strada, ma la verità è che i motivi delle difficoltà attuali sono altri.

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