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Parole dure, che sanno di avvertimento e di esperienza, quelle pronunciate da Massimo Brambati ai microfoni di TMW Radio, durante la trasmissione Maracanà. 
 

L’ex calciatore e procuratore non ha usato mezzi termini per commentare la scelta del giovane Francesco Camarda, talento classe 2008 del Milan, attualmente in prestito al Lecce di Eusebio Di Francesco.

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"Per me non doveva andare a Lecce – ha esordito Brambati – ma in una buona squadra di Serie B. Non in una squadra di Serie A che lotta per la salvezza. È stato un errore, e non solo suo: hanno sbagliato anche i dirigenti del Milan."

Un’accusa precisa, che va dritta al cuore del sistema che spesso – secondo Brambati – pretende troppo, troppo in fretta dai giovani. Camarda, osannato come predestinato fin dalle giovanili rossonere, si trova ora immerso in un contesto difficile: un club come il Lecce, con obiettivi dichiarati come la  salvezza.

"Ha ottime qualità, non lo metto in dubbio – ha continuato Brambati – ma a questi ragazzi serve un percorso graduale. Era al Milan, ma non ha fatto 25 partite: solo qualche apparizione. Questo non basta per reggere subito l’impatto della Serie A."

Il paragone


Il paragone inevitabile è con Pio Esposito, altro giovane prospetto che lo scorso anno ha fatto la gavetta in B, dimostrando di poter reggere il salto.

"Pio Esposito arriva da un campionato di B ed è arrivato in A con maggiore consapevolezza. La Serie B è sempre una categoria che ti fa mangiare la polvere, ti costruisce. Camarda invece rischia di bruciarsi."

Lecce-Milan  Gabbia Camarda
Camarda


Brambati non ha nascosto la sua preoccupazione per il futuro del giovane attaccante, soprattutto se dovesse proseguire il digiuno sotto porta.

"Se passa ancora tre partite senza fare gol, il rischio è che perda fiducia. E poi diventa tutto più complicato. Serve una crescita programmata, non un lancio nel vuoto."

Duro e diretto


Un messaggio chiaro, che va ben oltre il caso Camarda: lanciarsi nella massima serie senza esperienza rischia di essere più un freno che un trampolino. E a pagare, alla fine, sono sempre i ragazzi.
 

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