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La panchina della Lazio mai è stata così scottante, brucia allenatori. Ecco un altro caro decaduto: Baroni. È più fuori che dentro la Lazio. Lui stesso è esitante, si libererebbe senza troppe remore, stanco di alcune dispute, per ricominciare altrove. 

Si va verso l’addio e in questo caso sarà stato brevissimo anche il suo orizzonte, inizialmente pensato di tre anni. Cadrà dalla torre dopo un solo anno, dopo Sarri e Tudor. «Me ne vado», hanno detto a Lotito il Comandante e Igor. Baroni non lo farà stando a quanto ha detto domenica: «Se devo essere esonerato non devo dirlo io»

È sotto contratto fino al 2026, gli spetta un altro milione, e se lo si vuole sollevare va esonerato, a meno che non si trovi un’uscita consensuale entro il 30 giugno che permetta al tecnico di entrare nel valzer delle panchine. Lotito, in caso di esonero, batterebbe un record personale: mai ha cacciato allenatori a giugno. Il finale choc, allo sbando, ko con il Lecce e niente Europa, porta all’inevitabilità della decisione.

 

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Sarà un addio con più rancore che amore e non c’entra solo il finale da teatro dell’assurdo. I rapporti tra la società e Baroni si erano guastati tra gennaio e febbraio, a cavallo del mercato invernale. Dalla forza dei nervi distesi, che era stata alla base della partenza boom, si è passati alla convivenza da nervi tesi. Lotito e Fabiani incontreranno il tecnico nei prossimi giorni, entro il fine settimana. Lo stesso Baroni ha messo in dubbio la permanenza legandola all’esito del confronto, non è convinto di continuare e si vede. C’è da capire come se ne uscirà, se la transazione è possibile. 

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