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Uno dei temi chiave che ha accompagnato l'intera stagione appena conclusa dal Lecce è il sistema di gioco adottato da Giampaolo. Un sistema che, se inizialmente stava dando i suoi frutti, ad un certo punto stava rischiando di far sprofondare i salentini nel baratro della Serie B, con 13 partite consecutive senza vittorie, di cui solo due punti ottenuti. Dopo la sfida contro il Como, però, qualcosa è cambiato, nel sistema tattico e negli uomini. E i risultati si sono visti: otto punti in cinque partite e salvezza raggiunta. 

Nella classica conferenza di fine stagione, il direttore Pantaleo Corvino ha voluto definire proprio questo punto, chiarendo come la dirigenza ha una propria idea di calcio, ma che non la impone mai all'allenatore, a patto che quest'ultimo, qualora abbia una idea diversa di calcio, porti i risultati. Ad un certo punto della conferenza, però, gli è stato chiesto al direttore quale fosse la reale idea di gioco che ha in mente per il Lecce, e se all'inizio ha preferito aggirare la domanda, ad un certo punto si è lasciato andare e ha definito le caratteristiche che cerca da un allenatore.

Voglio vedere sempre una squadra verticale, che giochi in velocità e con tanta intensità: quando vado a cercare l'allenatore cerco queste caratteristiche, e se un allenatore ha una idea diversa me la deve dimostrare tramite i risultati, altrimenti…

 

 

Due allenatori su tutti che rispecchierebbero l'idea di calcio di Corvino

Posto che Marco Giampaolo nell'ultimo periodo di campionato ha adottato questo sistema di gioco, il tecnico abruzzese predilige un calcio maggiormente di possesso palla e geometrie tattiche. Per questo, il nome più gettonato è quello di Paolo Vanoli, tecnico che ha fatto dell’aggressività e dell’intensità il suo marchio di fabbrica. Anche a bordo campo non passa inosservato, come dimostra il noto episodio nel derby con Thiago Motta. Con il Venezia prima e, più di recente, con il Torino, Vanoli ha proposto una difesa a tre. Tuttavia, nel mercato di gennaio, l’arrivo di elementi come Biraghi ed Elmas lo ha spinto a virare su un 4-2-3-1, ottenendo buoni risultati soprattutto nel periodo tra gennaio e marzo.

paolo vanoli

 

Il secondo nome è Davide Nicola, reduce dall’esonero a Cagliari nonostante una stagione complessivamente positiva. Anche lui predilige la difesa a tre nel classico 3-4-2-1, ma ha dimostrato flessibilità passando anche al 4-3-2-1 in diverse circostanze.

Tra gli allenatori liberi con uno stile aggressivo e verticale figurano anche Andrea Sottil, già sondato dal Lecce dopo la sconfitta contro il Como, e Cioffi, ex Udinese e Verona. In Serie B, tra gli allenatori che adottano questo tipo di calcio, spiccano in particolare due nomi: il primo è quello di Vincenzo Vivarini, che dopo aver dominato la Lega Pro con il Catanzaro ha raggiunto i playoff al primo anno di B. 

Quest’anno, tuttavia, la sua esperienza a Frosinone non è stata altrettanto brillante, ma resta uno dei profili più apprezzati della categoria. Il secondo è quello di Luca D'Angelo, allenatore che ha fatto molto bene a Pisa e a La Spezia, sfiorando in entrambi i casi la promozione in Serie A, perdendo la finale dei playoff prima contro il Monza e poi contro la Cremonese.

 

Occhio a due outsider

Oltre ai profili già citati, ci sono due allenatori con uno stile di gioco diverso ma con lo stesso spirito combattivo. Il primo è Gennaro Gattuso, reduce da un’esperienza in Croazia, che con il Milan sfiorò la qualificazione in Champions adottando un 4-4-2 solido e aggressivo, con una coppia di mediani muscolari come Bakayoko e Kessié a fare da filtro.

Il secondo è Daniele De Rossi, tecnico emergente che ha lasciato un’impronta alla Roma proponendo un calcio di qualità, fatto di possesso palla e ricerca della superiorità sulla trequarti. Ma attenzione: De Rossi non è solo un tecnico elegante. In campo era un guerriero, un leader che non si tirava mai indietro. E proprio questa identità, fatta di grinta, coraggio e spirito di sacrificio, potrebbe trasferirla anche alla sua squadra. Se dovesse affrontare una sfida come quella sulla panchina del Lecce – o di qualsiasi altra squadra in lotta per la salvezza – potrebbe adottare un calcio più concreto e combattivo, vicino proprio a quello spirito da battaglia che lo ha sempre contraddistinto da giocatore. Uno stile che, in fin dei conti, non sarebbe affatto lontano da quello cercato da Corvino.

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