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Nicola Caccia è stato in passato un attaccante da doppia cifra in Serie A. A cavallo tra gli anni ’90 e 2000 ha segnato con regolarità con le maglie di Ancona, Atalanta, Piacenza, Napoli, Como e Genoa per poi appendere gli scarpini al chiodo e intraprendere una nuova carriera, prima da allenatore e poi da collaboratore tecnico. 

Le sue esperienze post ritiro 

Caccia ha iniziato come tecnico della prima squadra con Biellese e Sangiovannese, salvo poi diventare assistente di Novellino, Madonna e Vincenzo Montella, con il quale ha vissuto esperienze importanti a Genova sponda Samp, Milan, Firenze e Siviglia. Poi, invece, è entrato a far parte dello staff di Di Francesco, con il quale ha collaborato nelle ultime due stagioni a Frosinone e Venezia. 

Il legame con Di Francesco

Qualche anno fa, prima di un Napoli-Roma, Nicola Caccia ha rilasciato queste dichiarazioni a Il Mattino, nelle quali parlava del suo rapporto con Di Francesco. All’epoca i due non lavoravano ancora insieme: 

Siamo due fratelli. Abbiamo condiviso tutto, io sono il suo testimone di nozze e lui il mio e come se non bastasse sono anche il padrino di suo figlio Federico. Nel 90 lui era a Lucca ed io a Bari. Poi per fortuna ci siamo ritrovati a Piacenza in serie A. Una squadra pazzesca, tutti italiani. Fa giocare bene la squadra. 

È un pignolo, un grande lavoratore. D’altra parte si capiva fin da quando era calciatore: da bravo centrocampista era già un allenatore in campo. Era una mezzala con grande corsa e con gli anni ha migliorato la sua qualità. Siamo fratelli anche con Vincenzo Montella.  Con Eusebio abbiamo preso strade diverse. Sono sempre stato tifosissimo del Napoli. Lo sento Di Francesco almeno due volte a settimana.

La scaramanzia di Caccia

Nicola Caccia, come detto, è stato per anni collaboratore di Montella, altro tecnico con il quale è cresciuto. I due hanno vissuto periodi importanti, da Firenze a Firenze, con in mezzo gioie e dolori. Dall’eccezionale gioco mostrato proprio nella città gigliata nella prima delle due avventure, alla gioia della Supercoppa vinta a Doha sulla panchina del Milan ai rigori, passando per le notti di Champions a Siviglia, con tanto di passaggio ai quarti dopo aver eliminato il Bayern Monaco. Nel mezzo anche qualche delusione, soprattutto alla Samp e nell’infruttuoso ritorno nella città gigliata sotto il presidente Commisso, con solo 4 vittorie in 24 gare totali. Caccia, in quel periodo, aveva anche un rito che non sappiamo se porterà pure nell’esperienza salentina: era solito, prima delle partite, strappare qualche filo d’erba e masticarlo, così per scaramanzia. Quel non è vero ma ci credo che contraddistingue parecchio il mondo del calcio. 

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