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Gioventù al comando. Non è vero che lo sport appartiene solo ai grandi, agli esperti, ai maturi. Si può vincere già da piccoli, con le dovute eccezioni e distinguendo i fenomeni da chi avrà necessariamente bisogno di tempo per imporsi. Per intenderci, non ci sono paragoni possibili con la carriera di Jannik Sinner, oggi 23 anni, già da mesi numero uno al mondo per quanto riguarda il tennis. Lui, sì, un predestinato. Ma nel calcio, come nel tennis, ci sono progetti e progetti e poi ci sono atleti e atleti e, ancora, ci sono idee e coraggio che possono fare la differenza. La scelta del Lecce di puntare su Eusebio Di Francesco va in questa direzione. La società ha scelto un allenatore che, pur non avendo fatto benissimo negli ultimi anni, ha un’impronta tattica ben precisa: è un tecnico chiaro, con un’identità nitida, per cui si fa preferire in club che hanno a loro volta idee limpide sul percorso da compiere. Sugli obiettivi da raggiungere sulla strada da intraprendere per arrivare al traguardo finale.

La scelta dell’allenatore e dunque del modulo

Il Lecce, se ha scelto Di Francesco, sa bene di voler ripartire dai giovani e da un sistema di gioco collaudato: il 4-3-3. Ovvero il modulo con cui si può far bene ovunque, anche in serie minori, anche nelle partite di serie b - vedi Zeman e il suo Pescara - dove spesso la qualità è sacrificata per altre peculiarità. O almeno in teoria. In pratica, dipende sempre da come uno imposta le proprie squadre, il proprio lavoro. Lo stesso allenatore ha ufficializzato il suo caro 4-3-3 e ne ha parlato nel corso della sua conferenza stampa di presentazione: “Sono felice di risposare il 4-3-3, un modulo che mi piace, sarà questa la nostra partenza, il Lecce ha già giocatori interessanti”. Si parte dal 4-3-3 dunque, ma anche dai giovani, da un progetto che vedrà coinvolti giocatori esperti uniti ad altri pronti a emergere e a essere valorizzati da un sistema di gioco chiaro in cui potranno sentirsi protetti. Ognuno al proprio posto. Elementi funzionali e di talento. Ma quali sono le squadre che in Serie A utilizzano ancora il 4-3-3, modulo che negli ultimi anni ha lasciato spazio ad altri sistemi di gioco come il 3-5-2 o il 3-4-2-1? Scopriamolo insieme.

Il 4-3-3 in Serie A: gli altri esempi

Intanto il 4-3-3 è stato il modulo dell’ultimo scudetto, quello del Napoli. Conte ha cambiato diversi sistemi ma quando ha avuto la squadra al completo ha optato per il tridente offensivo con Politano e Kvara (poi Neres) ai lati di Lukaku e con Anguissa e McTominay a scortare la regia di Lobotka. Oltre al Napoli, ha utilizzato questo modulo anche il Bologna di Italiano, allenatore che spesso ha cambiato ma che ha sempre valorizzato il lavoro degli esterni offensivi. Un altro specialista del 4-3-3, come Di Francesco, è anche Baroni, che lo ha utilizzato alla Lazio. E sempre alla Lazio è appena ritornato Sarri che, proprio dal Napoli in poi, ha scelto questo modulo come sistema di gioco preferito. Non mancheranno sorprese. Ce ne saranno tante nel corso della stagione. Molto dipenderà anche dal mercato. 

Una cosa è certa: il 4-3-3 non tramonterà mai. Un sistema di gioco che permette agli allenatori di coprirsi - diventa 4-5-1 in fase passiva con gli attaccanti esterni che si possono abbassare fino a centrocampo - ma anche di divertirsi con le sovrapposizioni dei terzini, le ali dentro al campo, gli interni di centrocampo che si inseriscono, vedi McTominay nel Napoli o lo stesso Anguissa. Poi la differenza la fa la prima punta: se è abile a difendere palla gioca per gli altri, altrimenti se è un cecchino d’area di rigore valorizzerà il lavoro degli esterni che dovranno cercarlo di continuo. Dalle parole ai fatti, toccherà ora a Di Francesco lavorare bene affinché il 4-3-3 possa diventare l’abito perfetto e cucito su misura per il suo Lecce.
 

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