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Nella stagione più difficile il Lecce è entrato nella storia.

Per la prima volta giocherà il quarto campionato di serie A consecutivamente. L'ha meritato, l'ha voluto e nonostante un'annata calcistica piena di “problemi” è riuscito a tenere tre formazioni sotto conquistando così il diritto a giocare ancora in serie A.

Tra le squadre in lotta per non retrocedere proprio il Lecce aveva la partita più difficile: lontano da casa e contro una “big” del campionato.

L'abbiamo sempre pensato ed anche scritto, questo organico per varie vicissitudini ha spesso “sottoperformato” cioè non ha reso per quello che poteva, ma lungo lo sprint finale ha recuperato e superato le contendenti tagliando il traguardo, esausto ma a braccia alzate.

Miracolo sportivo

A Roma contro la Lazio si è compiuto il “miracolo sportivo” di una piccolissima società fatta da professionisti salentini, da una dirigenza salentina, lontana dal “mondo” del calcio che conta ma che si fa apprezzare per la competenza, i conti in ordine e la capacità di centrare gli obiettivi senza indebitarsi rischiando di fallire. Il “modus operandi” del Lecce viene preso ad esempio nelle Università italiane, il Presidente viene chiamato per intervenire e spiegare come si possa fare il calcio dei grandi a queste latitudini, senza fallire e raggiungendo gli obiettivi.

Il Lecce è sceso in campo all'Olimpico con le idee ben chiare: doveva vincere perchè non voleva dipendere dai risultati delle altre contendenti. La vittoria contro il Torino, ottenuta grazie allo splendido gol segnato da Ramadani la settimana precedente, aveva posto le basi, il resto è avvenuto quasi per inerzia. 
 

Squadra concentratissima che sin da subito ha preso in mano il pallino del gioco impedendo alla Lazio di diventare pericolosa. Il Lecce ha disputato un primo tempo magistrale, messo in campo ottimamente da Giampaolo, condito dal gol di Coulibaly (mostruose le sue ultime performance). Poi è salito in cattedra probabilmente l'arbitro più scarso della serie A che senza nessuna necessità ha iniziato a sventolare cartellini in faccia ai giocatori del Lecce, puniti oltremisura (soprattutto Pierotti) in una partita fin lì correttissima, utilizzando il metro di giudizio che conosciamo bene e cioè quello dei “due pesi e due misure”. 
 

Ha espulso l'argentino mentre Rovella che aveva commesso falli ben più duri restava impunito ed ha rovinato il secondo tempo, rischiando di compromettere la partita, falsando di conseguenza anche il campionato. Perchè? Perchè una piccola come il Lecce, fuori casa, contro la Lazio ed in dieci uomini, statisticamente ha il 90% di possibilità di prendere gol, anche senza meritarlo. Ci piacerebbe capire cosa passi nella testa di alcuni direttori di gara, dovrebbero sapere che in partite così importanti, che decidono una stagione, devono essere invisibili, non devono incidere, non devono intervenire a meno di episodi eclatanti. Non devono rompere gli equilibri e neanche altro. 
 

Il Lecce è stato superiore anche all'ennesimo abuso subito in questa stagione dalla classe arbitrale, si è difeso con le unghie ed i denti, è stato commovente, in trincea, accerchiato dai laziali come nei vecchi film western, quando gli indiani assaltavano le carovane dei coloni e scagliavano tante frecce che il più delle volte si conficcavano sui raggi delle ruote dei carri, senza colpire nessuno; ecco i tiri senza soluzione di continuità dei biancocelesti si infrangevano sui calciatori del Lecce, sempre pronti a respingere la minaccia ed a fare scudo con i loro corpi a Falcone. 

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