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Una bolla di sapone. Una vittoria su tutta la linea. Così si è risolto il caso Tesoro vs Agenzia delle Entrate, un caso scoppiato nel Giugno scorso a causa di qualche titolo di giornale di troppo.

IL CASO

Una lettera dell'Agenzia delle entrate con cui si richiedeva all'US Lecce l'ammontare di circa 600 mila euro (la somma più le tasse) riguardanti presunte fatture false emesse "per far quadrare i conti".  In città è subito scoppiato il caos. Qualche sito ha provato a incendiare la piazza stuzzicando gli animi ma dall'US Lecce intanto si predicava la calma. I Tesoro asserivano che nulla era dovuto giacché i beni acquisiti sono tutt'ora visibili, l'attuale dirigenza si diceva invece esterrefatta dal clamore che la notizia stava suscitando tra i tifosi.

Lecce Sede LA RISOLUZIONE

Già l'8 Ottobre scorso la Commissione Tributaria Provinciale aveva dato ragione a Savino Tesoro. L’Unione Sportiva Lecce S.p.a. aveva dimostrato che tutti i costi sostenuti nell’anno 2014 erano di competenza, inerenza e totalmente documentati. Il mese scorso invece è arrivata la sentenza definitiva con la quale la Commissione Tributaria Provinciale accoglie il ricorso e annulla per l'effetto l'atto impugnato. Una vittoria per Savino Tesoro e l'avvocato dell'Us Lecce Maurizio Villani. Nello specifico si legge nella sentenza: "Invero, i suddetti rilievi avrebbero potuto indurre I'Amministrazione ad emettere l'avviso di accertamento con ripresa a tassazione di costi per operazioni oggettivaurente inesistenti, ma giammai di costi non documentarti. Ciò in quanto vi è prova documentale in atti dell'avvenuto pagamento degli importi di cui alle suddette fatture con mezzi tracciati. Inoltre, trattasi di costi per attrezzature sanitarie, nonché di costi per acquisto di furgoncini per il trasporto degli atleti tesserati con l'US Lecce, della cui inerenza all'attività di impresa non può in alcun modo dubitarsi. Pertanto, l'impugnato avviso di accertamento si appalesa del tutto "fuori tiro", avendo l'Amministrazione desunto l'insussistenza dei contestati costi, nonché il difetto di inerenza, da elementi che invece avrebbero al più potuto fondare un avviso di accertamento motivato sulla sussistenza di operazioni oggettivamente inesistenti, ma giammai un avviso di accertamento motivato - come nel caso in esame - in base al difetto di prova in ordine al sostenimento dei costi, atteso che - si ribadisce - vi è prova documentale in atti che tali costi sono stati effettivamente sostenuti dalla società con mezzi tracciabili, e per conseguenza, essa aveva il diritto di portarli in deduzione del maggior reddito, nonché ai fini IVA. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è fondato".
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