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Dopo aver lasciato il calcio a 31 anni a causa dei numerosi infortuni, Samuel Umtiti ha iniziato un nuovo capitolo della sua vita. Tra i momenti più significativi, ricorda con affetto la stagione al Lecce, dove ha ammesso di aver ritrovato il puro piacere di giocare. In un’intervista rilasciata al podcast The Elevate House, l'ex difensore francese ha parlato della sua esperienza in giallorosso, come è cominciata e quanto ha significato per lui.

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Samuel Umtiti al Via del Mare

Il motivi dell'addio al Barcellona

L’intervistatore rivolge a Umtiti una domanda semplice: “Sei partito per Lecce, perché?”.
Da lì, il difensore inizia a raccontare le motivazioni che lo hanno spinto a lasciare il Barcellona per trasferirsi nel tacco d’Italia: "Ti spiego, in quel periodo il Barcellona mi fa capire che devo partire in prestito all’inizio, poi definitivamente. E io gli dico: ‘Preferirei partire in prestito’, perché nella mia testa ho sempre avuto l’obiettivo di tornare e giocare al Barcellona".

Il bisogno di un ambiente sano

Dopo alcuni anni regolarmente fermo ai box a causa di alcuni infortuni, il difensore racconta di aver avuto bisogno di una realtà da li stesso definitiva come sana: “Il mio agente mi fa capire che ci sono dei club interessati. E dopo tutto quello che avevo vissuto davvero, dove si parlava solo di soldi, del tipo ‘sì, sei qui per questo’, in realtà avevo bisogno di ritrovarmi in un ambiente come quando avevo appena iniziato a giocare a calcio. Un ambiente in cui si parlasse solo di calcio e di nient’altro. Avevo bisogno di trovare un ambiente sano”.

La proposta del Lecce

Quindi c’erano club anche importanti, che lottavano per le prime 4–5 posizioni, sia in Italia che in Spagna - spiega Umtiti - Ma mi ricordo che ho detto al mio agente: ‘No, non ne ho voglia’. E poi lui mi parla di Lecce. All’inizio dico: ‘Ma è in alto? Non lo conosco’. E lui mi spiega che era appena salito dalla Serie B e che non era affatto strutturato come il Barcellona. Io dico: ‘Ok, nessun problema’”.

La videochiamata con i dirigenti

Umtiti inizia dunque a raccontare dei primi contatti con la dirigenza giallorossa, e di quanto significasse portare un giocatore della sua caratura nel Salento: “Così iniziamo a parlare un po’ con loro, facciamo una videochiamata con i dirigenti e va molto bene. Mi spiegano che vogliono davvero portarmi lì. Per loro era incredibile, davvero incredibile avere un giocatore come me. E alla fine finisco per accettare”.

Gli allenamenti ad Acaya

Umtiti racconta che a Lecce lo ha colpito soprattutto la semplicità dell’ambiente: allenamenti in un resort, lontani dalle strutture rigide dei grandi club. Proprio questa atmosfera informale e serena lo ha reso felice, permettendogli di pensare solo al calcio e di sentirsi parte di un gruppo di amici. Aveva bisogno umanamente di quel contesto e del rispetto che gli è stato mostrato, e l’esperienza si è rivelata pienamente positiva.

E poi, la cosa che mi ha fatto quasi più piacere era che fosse tutto semplice. Per esempio, quando mi hanno mostrato dove si allenavano: si allenavano in un resort. Un resort. Quindi c’era un hotel, perché lì è estate e arriva tanta gente a passare le vacanze, soprattutto italiani in quel periodo. Era un resort con una piscina e accanto c’era un campo da calcio, e noi ci allenavamo lì.

Quando arrivo, vedo le persone che vanno all’hotel resort e noi che andiamo ad allenarci accanto. Per me non era la struttura di un club professionistico. Ma è proprio questo che mi è piaciuto, perché alla fine sono uscito da quel mondo troppo serio, troppo rigido, dove bisogna rispettare mille regole. No. 

Sono andato lì ed ero davvero felicissimo. Felicissimo perché pensavo solo al calcio. Per me era davvero come stare con un gruppo di amici. E per molti di loro era la prima volta in Serie A, la scoprivano per la prima volta, quindi erano come dei bambini a cui dai una caramella per la prima volta: ‘Wow! Incredibile!’.

Ed è questo che volevo, ed è per questo che sono andato lì. E le cose sono andate come previsto. Non so, in tutta onestà non avevo pianificato nulla, ma umanamente avevo bisogno anche di questo. Il modo in cui mi hanno trattato… wow. Il rispetto che avevano per me era incredibile. Ed era davvero quello che volevo. Alla fine è andato tutto benissimo. 

La connessione con i tifosi

Anche con i tifosi c’era questa connessione. Sapevo che era un club in difficoltà. Sarebbe stata una stagione dura, ma con i valori del non mollare mai. Avremmo lottato per salvarci. E la salvezza che abbiamo ottenuto… wow! Ho pianto, davvero, anche se io ho vinto un Mondiale, ho vinto la Liga, ho vinto tanto. Ma per me è stato come vincere un trofeo.

Perché siamo andati a prenderci quella salvezza con una squadra che, se mi avessi detto che sarebbe retrocessa in Serie B, ti avrei risposto: 'È normale'. Ma con i nostri mezzi ce l’abbiamo fatta e ci siamo salvati. Incredibile, davvero.

Se fosse andata male avrebbe potuto smettere prima?

Terminato il prestito al Lecce, il calciatore si è trasferito al Lilla, dove purtroppo, i suoi problemi fisici hanno continuato a tormentarlo portandolo al ritiro.

Sì, penso che in quel periodo, se fosse andata male, avrei preso la decisione di smettere con il calcio professionistico. Ma siccome è andata molto bene, ho ritrovato davvero il piacere di giocare, di andare agli allenamenti ogni giorno, una cosa che avevo perso. E mi è tornata la voglia di continuare la mia carriera.

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