Due anni per distruggere tutto: come il caso Salernitana è l'esempio di cosa non fare

Un disastro sotto tutti i punti di vista
Nella serata di ieri è arrivato l’ultimo, burrascoso verdetto di una stagione calcistica italiana praticamente infinita. All’Arechi si è disputato il ritorno dei playout di Serie B tra Salernitana e Sampdoria. I blucerchiati, retrocessi sul campo ma ripescati grazie al tracollo economico del Brescia – penalizzato dalla Lega B e condannato alla retrocessione – partivano con un rassicurante vantaggio di due reti ottenuto all’andata al Ferraris.
Il match di ritorno si è chiuso con lo stesso punteggio: 2-0 per la Sampdoria. Ma non al 90°, perché la gara è stata interrotta a circa 25 minuti dalla fine a causa dei pesanti disordini sugli spalti. I tifosi granata, esasperati, hanno lanciato petardi e seggiolini in campo, costringendo l’arbitro a sospendere definitivamente l’incontro per motivi di ordine pubblico.
Sul campo, dunque, la stagione della Salernitana si è conclusa con una dolorosa retrocessione in Serie C. Ma l’epilogo non è ancora scritto. Tra l’omologazione del risultato, i ricorsi legati al caos-Brescia e le possibili sanzioni per i disordini, l’ultima parola spetterà ai tribunali sportivi. La speranza di un clamoroso ripescaggio per i granata è flebile, ma ancora viva.
Il disastro Salernitana dal punto di vista sportivo
A prescindere da ciò che accadrà nei tribunali o in campo, il disastro Salernitana degli ultimi anni resta un esempio lampante di cattiva gestione. Un caso da studiare — ma al contrario — per capire come non si amministra una società professionistica.
Mentre a Lecce il presidente Saverio Sticchi Damiani e il direttore tecnico Pantaleo Corvino ribadiscono spesso in conferenza stampa l'importanza di avere conti in ordine (il Lecce è la società più sana della Serie A secondo il Cies) e una rosa composta da giocatori di proprietà — temi diventati ormai centrali anche nel dibattito tra i tifosi salentini — a Salerno si collezionano proclami, debiti e disastri sportivi. I risultati parlano chiaro: da una parte la terza salvezza consecutiva -record nella storia del Lecce- conquistata con programmazione e sostenibilità, dall’altra due retrocessioni consecutive, un record negativo mai visto in 106 anni di storia granata.
A febbraio il presidente Danilo Iervolino annunciava un ritorno in Serie A in 2-3 anni. Oggi si ritrova con una rosa da rifondare e senza un progetto sportivo credibile. Dei 30 giocatori in rosa, solo 10 sono di proprietà. E tra questi ci sono veterani come il 33enne Ferrari o il 34enne Soriano e diversi giovani della Primavera che non hanno collezionato nemmeno un minuto nell’ultima stagione.
Se tornassi indietro farei esattamente quello che ho fatto, ma con una maggiore presenza e con decisioni da prendere da solo senza fidarmi di manager, consiglieri e direttori. La responsabilità è mia, sono arrabbiato con me stesso ed è chiaro che presidenti si diventa, non si nasce. Ora mi interessa programmare per tornare in Serie A in 2-3 anni. In una piazza già carica d'entusiasmo avrei dovuto evitare proclami
Il disastro Salernitana dal punto di vista economico
Il quadro economico è ancor più allarmante. Secondo Calcio&Finanza, nel 2024 il saldo tra ricavi e costi è stato pari a -38,9 milioni di euro (era -35,6 nel 2022/23), mentre l’indebitamento complessivo ha toccato i 98 milioni. Una voragine rispetto alla situazione ereditata nel 2021 da Claudio Lotito, sotto la cui gestione il club — per quanto discussa — era in attivo e approdava a sorpresa in Serie A.
L’arrivo di Iervolino, salutato inizialmente con entusiasmo, si è rivelato il punto di partenza del declino. Anni altalenanti nel massimo campionato, nessun rafforzamento strutturale e, infine, un doppio tonfo sportivo senza un futuro, almeno per ora, rassicurante.
Se, come sostiene Sticchi Damiani, il “modello Lecce” meriterebbe di essere studiato nelle università per efficienza e sostenibilità -cosa che già avviene- , il “modello Salernitana” rappresenta invece un caso emblematico da analizzare per comprendere gli errori da evitare nella gestione di un club. Sotto il profilo tecnico, economico e soprattutto strategico.