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Pantaleo Corvino, responsabile dell’area tecnica del Lecce, si è raccontato ai microfoni del Fatto Quotidiano.

Come sono le ultime ore di mercato?

“È come stare in sala parto, quando sono le ultime ore… Non si dorme e non si mangia. Ho imparato a risolvere prima le questioni, non arrivo mai strozzato, o almeno cerco di evitare”.

Per il calcio a cosa ha rinunciato?

“A venticinque anni sono partito dal sotto marciapiede del calcio, la Terza Categoria, e sono arrivato per quattro volte in Champions League; (altra pausa, ora scandisce) sono quasi a 650 gare in Serie A, per cinque volte sono stato in B e di queste cinque in quattro stagioni ho vinto il campionato. 

Mi è mancato il calcio d’élite, mi manca lo scudetto… Qualche possibilità c’è stata, ho solo scelto di rispettare il contratto e non deludere la fiducia. Ho detto no a squadre che potevano lottare per lo scudetto. Ma bene così”.

Quando deve concentrarsi…

”Vado in campagna e mi metto sotto un ulivo. Se non fossi diventato direttore sportivo, avrei optato per il contadino”.

Sull’inizio di carriera

”Per portare a casa la pagnotta ho mollato il pallone e sono stato costretto a tentare il concorso in aeronautica: 25.000 aspiranti per 1.500 posti. Poi lasciai uno stipendio da 2 milioni per una pensione da 600 mila lire. Il problema fu dirlo a mio padre. Per due settimane andavo da lui in visita e non trovavo il coraggio; un giorno lo raggiungo e lo vedo fuori dal barbiere. 

Lì mi dico: “È la volta buona, non è a casa, magari non urla”; mi avvicino, era in cima a una discesa: “Papà metti il freno a mano”, temevo si scapicollasse. Non voglio riportare le sue parole, comunque per i due mesi successivi impose a mamma di non aprirmi la porta di casa. Era un maestro muratore”.

Zaccheroni si è detto favorevole al sesso prima delle partite…

”Sono d’accordissimo, il sesso fa sempre bene. Una trombata non altera le prestazioni”.

Più faticosi i genitori o i procuratori?

”Attualmente né gli uni né gli altri. I problemi arrivano da altrove. Penso ai presidenti, alle proprietà. Manca qualche presidente del passato, quelli di oggi fagocitano tutto e non capiscono che pure la realtà del calcio è un’azienda e come tale va trattata. 

I presidenti si concentrano sulla questione extracomunitari, ma è una bufala. In un mondo globalizzato non ha senso, mentre dovrebbero puntare sul management, sui settori giovanili, sulle strutture, sugli stadi”.

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