Così non VAR
Il match dell’Olimpico tra Lazio e Lecce ci ha lasciato interrogativi ma soprattutto tante polemiche dovute ad una direzione arbitrale discutibile. La causa scatenante è stata senza dubbio l’annullamento del secondo gol di Lapadula, quando la partita era sul punteggio di 2-1. Una decisione che ha cambiato radicalmente il proseguo della partita e che ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’operato del giudice di gara ma in particolare del VAR che, come sempre, ha avuto l’ultima parola, strozzando l’urlo dei 3000 tifosi giallorossi presenti nel settore ospiti. L’episodio è stato già correttamente analizzato dal presidente Saverio Sticchi Damiani nel post-partita, e sarebbe inutile dilungarsi sull’accaduto.
Piuttosto, reputiamo sia più opportuno fare chiarezza e, in occasione di questa pausa nazionali, tirare le somme sull’operato del VAR, che sta lasciando sempre più spazio a forti discussioni extra-campo.
Una parabola ascendente quella della tecnologia nel campionato italiano, in quanto il “Video Assistant Referee” aveva avuto un impatto molto positivo nella nostra Serie A due anni fa, nella sua stagione d’esordio. Un mezzo che dava tranquillità all’arbitro e non solo, assicurando una direzione che andava a eliminare in modo sostanziale quelle che erano le sviste del giudice di gara.
Il punto di svolta che ha cambiato totalmente il meccanismo del VAR è stato la variazione del suo protocollo. Un cambio silenzioso ma che non è passato inosservato, con l’introduzione del tanto discusso “chiaro errore arbitrale”: in parole povere, l’arbitro può andare a rivedere un episodio dubbio tramite una “on-field-review” solo se allertato dalla sala VAR, che ha giudicato la sua decisione evidentemente errata.
Nella decisione finale ciò incide tantissimo in quanto “l’uomo VAR” tramite i suoi schermi con molteplici visuali non avrà mai una percezione diretta e corretta della realtà, valutando in modo riduttivo l’episodio, punendo il gesto ed escludendo la volontarietà.
Proprio il concetto di volontarietà è stato quello con maggiore influenza: il fallo di mano è molto più frequente e a volte inevitabile per i giocatori in area. Un esempio vicino a noi è quello del fallo di Calderoni che ha causato il rigore del 3-1: il giocatore è in caduta e colpisce la palla con la mano in seguito ad un lancio avvenuto a un metro di distanza. Una situazione molto dubbia in cui il VAR non può intervenire.
Chiariti questi punti è necessario passare all’ultima questione, quella forse più importante di tutte: è totalmente sbagliato pensare ad una rimozione del VAR; la tecnologia può solo aiutare l’arbitro, ed è giusto aspettare anche minuti per avere un provvedimento corretto. Il problema è quando si assiste ad un abuso del VAR. Attenzione, qui non si parla di esagerazione nella frequenza del suo utilizzo, ma di un eccesso di fiscalità da parte dell’arbitro che tramite la tecnologia interviene su normali dinamiche di gioco modificando totalmente lo svolgimento della partita.
Il VAR non è uno strumento sbagliato, semplicemente urge un suo perfezionamento, ma soprattutto è necessario fare chiarezza sul suo funzionamento, cercando di seguire una linea arbitrale più comune possibile e limitando così continue polemiche.