Schwoch avvisa tutti: "Venezia non è detta l'ultima parola perchè Lecce e Verona..."

I lagunari inseguono il sogno salvezza e l'ex punta analizza cosa potrebbe accadere
Nell’immaginario collettivo, Schwoch è ancorato alla figura dell’attaccante di rapina, qualità che indubbiamente faceva parte del suo repertorio, ma è un ritratto parziale, riduttivo, persino ingeneroso. C’è molto altro da tenere in considerazione nel racconto dell’ex attaccante di Napoli e Vicenza. Stefan Schwoch non è un nome qualunque nel panorama calcistico italiano.
Nato a Bolzano nel 1969, ha costruito la sua carriera con dedizione e talento, diventando uno dei bomber più prolifici della Serie B. Con oltre 135 gol all'attivo, ha vestito le maglie di squadre prestigiose come il Napoli e il Vicenza, lasciando un segno indelebile nel cuore dei tifosi. Ma come spesso accade, anche le carriere più brillanti giungono a un bivio.
Dopo una prima parte di carriera spesa a smentire quelli che lo ritenevano inadatto al calcio professionistico, per via di una stazza decisamente distante dal concetto di numero 9 che si aveva negli anni Novanta (con tanto di mezza stagione giocata da terzino sinistro in C2), Schwoch aveva sviluppato un primo tocco sensibilissimo, che gli permetteva davvero di fare la differenza.
Attaccante di rapina
Il controllo di palla del bolzanino era sempre orientato verso la porta, che servisse per allungare la corsa dopo aver attaccato la linea del fuorigioco o per girarsi dopo aver ricevuto spalle alla rete. Non a caso, uno dei riferimenti tecnici più abusati per descriverlo è quello di Romario, un altro centravanti totalmente atipico, dalla struttura fisica insignificante rispetto ai “nove” (e ai centrali difensivi) dell’epoca.