header logo
A. Chissà in quante occasioni l’ha sognata, cercata, voluta. Probabilmente ogni volta che ha potuto, sul divano di casa, ha immaginato di essere lì, in quegli stadi grandi, pieni zeppi di passione, gioia ed entusiasmo. Eppure Marco Mancosu, il protagonista della storia che vi stiamo per raccontare, quella categoria l’aveva già assaporata da giovane. Forse, però, all’epoca la spensieratezza di quelle stagioni non gli ha fatto apprezzare pienamente la fortuna che stava vivendo. A. Una lettera, un sogno, uno di quelli che fai di notte, poi ti svegli e rimpiangi di averlo fatto, perché tutto sembrava cosi reale e vero da convincerti che lo fosse davvero. L’ha conquistata la Serie A, l’ha fatto dopo aver girovagato in lungo ed in largo, giocando su campi polverosi e contro avversari che, più che a calcio, tiravano calci. Ha pensato di smettere Marco, ci ha riflettuto davvero quando i grandi palcoscenici sembravano un ricordo sbiadito dal tempo, mentre le ambizioni si perdevano dietro una categoria infame e dura come la Serie C. A. Di solito le dediche iniziano cosi. Marco avrebbe tante persone da ringraziare, ma prima di tutto dovrebbe dire grazie a se stesso. Lui non ha mai mollato, lui ci ha sempre creduto, anche quando le porte in faccia facevano più male di un duro contrasto a centrocampo. Poi è arrivata Lecce, un’oasi felice, una favola da vivere, un posto nel mondo che in quel momento è diventato il suo posto, quello dove poter costruire una storia da raccontare ai nipotini in una sera di mezza estate. A. A come la serie che il Lecce ha dovuto lasciare, dopo una stagione lunga, travagliata, difficile ma entusiasmante allo stesso modo, nonostante il verdetto finale. 14 gol non si segnano per caso, bisogna avere coraggio, personalità, voglia di emergere. Tutte queste sono caratteristiche che contraddistinguono il capitano, il suo spirito, la sua anima da lottatore. Chi lo sa cosa accadrà in questo strano mercato. Quella clausola rescissoria messa nel rinnovo di contratto di Marco fa paura. Anche il messaggio su Instagram, letto tra le righe, ha il sapore di un addio. È imprevedibile il calcio, può succedere di tutto ed a volte fa male anche affezionarsi troppo ai giocatori, perché quando vanno via il dolore aumenta. A. A è la prima lettera della parola amore. Marco a Lecce lo ha trovato. L’amore della gente, l’amore di un popolo che ha visto in lui un condottiero fedele, leale, sincero e coraggioso. È stato il nostro capitano e con lui in campo e nello spogliatoio ci siamo sentiti al sicuro, protetti da un uomo che teneva alla nostra maglia quanto e come noi. Non è detto che vada via, non è detto che rimanga, ma chissà che la A di amore, dell’amore della tifoseria giallorossa, per Marco valga di più della Serie A.
Ciro e Michele, eroi senza tempo
Frosinone-Lecce 3-1: Abisso choc. Tesoro: "Non arbitri più il Lecce"