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Crollo della falesia di Sant'Andrea: dibattito politico o scientifico?

Il recente crollo di una porzione della falesia di Torre Sant’Andrea ha riacceso l’attenzione sul tema della sicurezza delle coste e della tutela del territorio. Come spesso accade in questi casi, il dibattito pubblico si è rapidamente polarizzato, concentrandosi quasi esclusivamente su presunte responsabilità politiche o amministrative.

Ma cosa succede se, invece di fermarci all’indignazione, proviamo a capire come funziona davvero una falesia?

Nel video che pubblichiamo oggi abbiamo intervistato un geologo dell'Università del Salento, il Prof. Paolo Sansò, che parte da un presupposto fondamentale:

👉 le falesie sono sistemi naturali dinamici, destinati per loro natura a modificarsi, arretrare, crollare. Non sono elementi statici del paesaggio, ma il risultato di un equilibrio in continuo mutamento tra mare, vento, pioggia e gravità.

Da questo punto di vista, il crollo non rappresenta necessariamente un “disastro”. Al contrario, è spesso un processo naturale che contribuisce al rinnovamento degli habitat costieri e marini. Pensare di “bloccare” una falesia equivale, di fatto, a voler fermare un processo geologico che va avanti da migliaia di anni.

Interventi tampone e false soluzioni

Nel corso dell’intervista, il professore affronta anche un altro tema centrale: quello delle soluzioni adottate nel tempo per mettere in sicurezza le coste. Barriere, reti, chiodature, consolidamenti locali vengono spesso presentati come risposte definitive. In realtà, secondo il Professore, si tratta nella maggior parte dei casi di interventi palliativi, utili forse nel breve periodo ma incapaci di risolvere il problema alla radice.

Queste opere non fermano l’evoluzione naturale della falesia: al massimo la rallentano, spostando il rischio più avanti nel tempo e, talvolta, più a valle.

L’unica vera soluzione (che non piace a nessuno)

C’è poi il nodo più delicato, quello che raramente trova spazio nel dibattito pubblico. Secondo la geologia, l’unica soluzione realmente efficace nel lungo periodo è l’arretramento urbano: spostare infrastrutture, edifici e attività lontano dal margine costiero, accettando che la costa faccia il suo corso naturale.

È una misura:

  • impopolare,
  • complessa,
  • relativamente costosa,
  • ma, soprattutto, politicamente difficile da sostenere.

Ed è anche il motivo per cui, nella pratica, viene quasi sempre evitata. Più semplice intervenire con opere tampone, più spendibili sul piano comunicativo e meno traumatiche sul piano del consenso, anche se non risolutive.

Capire prima di giudicare

Il video che accompagna questo articolo non ha l’obiettivo di minimizzare i rischi né di negare l’importanza della sicurezza. Al contrario, prova a riportare il discorso su un piano scientifico, distinguendo ciò che è naturale da ciò che è frutto delle scelte umane.

Capire questi meccanismi non significa rinunciare alla tutela del territorio, ma affrontarla con maggiore consapevolezza, evitando semplificazioni e letture ideologiche.

🎥 Guardare il video è il primo passo per farsi un’idea più completa di ciò che è accaduto a Torre Sant’Andrea – e, più in generale, di come funzionano davvero le nostre coste.

L'intervista integrale al prof. Paolo Sansò

 

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