È stata la mano di Pantaleos. E la lungimiranza di Sticchis
Coltivando un sogno...
Parafrasando il film di Paolo Sorrentino (“È stata la mano di dios”) introduciamo questo breve editoriale godereccio su quella che è stata la stagione del Lecce nell'annata 22/23. Una salvezza ed uno scudetto che in comune hanno quel corner battuto nell'ultimo minuto della gara più importante della stagione. Non solo. Il minimo comune denominatore è formato da quella folle coppia d'altri tempi di Sticchi e Corvino, una sorta di revival degli anni d'oro dei giallorossi quando la coppia Iurlano-Cataldo usciva alla ribalta costruendo prima squadra e settore giovanile con poche risorse.
Che poi la storia delle poche risorse è tutta da vedere, in quanto preferirei sottolineare come il Lecce più che senza soldi o col braccino corto, sia semplicemente oculato e attento alle spese. Elimina il superfluo e sa che può costruire una squadra con un “mercato delle idee”, perché sì, il Salento pullula di idee.
L'idea di calcio sostenibile di Sticchi Damiani è un sogno da coltivare e proteggere. L'unico vero modo di vincere e sopravvivere senza farsi male. I tifosi siano felici o se ne facciano una ragione.
È stata semplicemente un'annata straordinaria. La prima squadra è riuscita con il monte ingaggi (della sola squadra) più basso della Serie A a competere con le big del campionato, ribaltando risultati e pronostici più di quanto ci si aspettasse da una neopromossa destinata al macello.
È riuscita a farlo nella stagione in cui, se è vero che retrocedono di media 2 neopromosse su 3, il Monza aveva già azzerato i pronostici costruendo una Rosa da Europa League e tirandosi fuori dalla lotta retrocessione già ad Agosto. Un'impresa per i giallorossi che sono riusciti a salvarsi alla fine, è vero, ma che non hanno mai assaporato il gusto di sangue e fango delle ultime tre posizioni.
Il Lecce è quella squadra che ha saputo vestire di azzurro, in maniera effimera, al momento, Falcone, Colombo, Gallo e Baschirotto. E ha lanciato tra i top 11 del campionato gente come Falcone e Baschirotto. In tutto ciò mentre il mondo del calcio accusava i giallorossi di schierare solo stranieri in Primavera, costruendo quella che ha tutta l'aria di essere una norma anti-Lecce: basta stranieri in Primavera. Norma che sfida la sentenza Bosman del 1995, vedremo come andrà a finire.
La Primavera del Lecce però ieri sera ha vinto lo Scudetto di categoria dopo aver stradominato il suo girone nella stagione regolare. Lo ha fatto sfruttando ciò che il regolamento consente: acquisire anche giovani stranieri. E questo, lo hanno detto in tutte le salse, perché il talento all'estero costa meno. Addirittura costa meno in Spagna che in Italia, dove se brilla un pezzo di plastica te lo fanno pagare come un diamante. L'Italia pretende dal Lecce una squadra di italiani, ma nella divisione degli introiti TV gli lascia solo le briciole. Come mai l'Italia non pretende qualcosa in più dalle Big? La Juventus ha finito il campionato a -9, l'Inter a -10, il Milan a -20. Schierano gli italiani e poi che fine fanno? Nessuno li vede passare dalla prima squadra.
E adesso coltiviamo un sogno: una Primavera di soli italiani che vince anche l'anno prossimo. Vediamo quale norma anti-Lecce s'inventeranno mentre quei due continueranno a sghignazzare, a far divertire i tifosi del Lecce e a stupire l'Italia. Godiamoci il Lecce, godiamoci Corvino che in questa stagione ha segnato due gol: salvezza e scudetto.
Ripercorreremo le tappe di questa meravigliosa stagione attraverso uno speciale Podcast dedicato. “La Bella Stagione”, ogni Domenica su tutte le piattaforme podcast.