Shine on you crazy Diamanti, le finezze della Centrale, le urla di Liverani. Ecco cosa ci ricorderemo di Lecce-Livorno
Terrificante come le prestazioni attoriali di Bettarini all'Isola dei Famosi. Travolgente come la canzone di Mahmood su Spotify dopo il Festival di Sanremo. Sarebbe la recensione da lasciare sotto la pagina di Lecce-Livorno. Una sceneggiatura simile nemmeno Dario Argento sotto la supervisione della figlia.
Del match di ieri se n'è già parlato in tutte le salse, per questo ci piace come sempre sottolineare i passaggi della partita a cui nessuno ha volutamente dato peso.
Uno. Pare che le pareti del Via del Mare abbiano tremato talmente tanto tra la fine del primo tempo ed il secondo che i Vigili del Fuoco hanno già revocato l'agibilità della Est. L'epicentro è stato lo spogliatoio giallorosso: è lì che si è sviluppata la remuntada di ieri. Una sorta di Araba Fenice sviluppatasi dalle urla compulsive di Liverani.
Due. Shine on you crazy diamond, cioè splendi tu diamante pazzo. Cantavano così i Pink Floyd nel 1975 e a distanza di anni, parafrasando la canzone, scriviamo Splendi tu Diamanti pazzo, per dire che insomma ieri ne ha combinate di tutti i colori. Luce e ombra di una squadra che trova in lui il leader pazzo capace di portare la squadra sullo 0 a 2 e poi, con la stessa lucida follia, farla piombare nel più tragico dei 3-2. Non vorrei addossare su di lui tutte le colpe però il suo continuo nervosismo, le sue prestazioni attoriali in pressione sull'arbitro, la sua espulsione finale non fanno bene alla sua squadra. Non ce ne frega niente direte voi. Infatti.
Tre. Scavone, Mancosu, Petriccione, Lucioni, Bovo. Ieri erano assenti anche i Santi Giusto, Oronzo e Fortunato ed infatti nel primo tempo nessun miracolo ha potuto opporsi alla commedia vista in campo. Da quando ci hanno tolto pure San Basilio nemmeno le vacanze al mare possiamo farci più. Così alla fine per i miracoli si è attrezzato Liverani. Comunque ieri era San Flaviano se qualcuno ha deciso di portarlo in adorazione.
Quattro. Ad un certo punto del primo tempo, c'era un signore in Tribuna Centrale che ha cominciato ad inveire contro Liverani. Onestamente non si è capito perché. Poi mi sono reso conto che nella maggior parte dei casi ieri hanno visto in campo sia Petriccione che Lucioni. Quindi non mi sono fatte altre domande.
Cinque. Un altro invece, sempre in quella splendida cornice di pubblico, si è alzato in piedi per portare ripetutamente le mani, accompagnate dalla falcata delle braccia, verso la propria zona pelvica. Un esercizio ripetuto velocemente e più volte ed indirizzato all'espulso Fazzi. Folklore da parte dei distinti signori della Centrale di cui vorrò conservare un buon ricordo in vista degli sproloqui contro quelli della Nord.
Sei. Ho un nuovo account Instagram. Ce l'avevo già ieri durante la partita e fa parte delle cose di cui non vi siete accorti ieri durante la partita.
Sette. Volevo fare un video dopo il gol di La Mantia. Quindi ho cercato il telefono, ho sbloccato lo schermo, ho aperto Instagram e fatto tap sulla storia, poi ho chiuso l'applicazione e aperto quella del video presente sul telefono, per sbaglio ho aperto le foto, alla fine sono riuscito a premere Rec ma le squadre erano già al centro del campo. Solitamente ci metto di meno.
Otto. Chi ci vede una favola dietro la prima rete in B e in giallorosso di Arrigoni sbaglia perché dietro c'è solo e soltanto una grave tragedia. Voglio dire che per farlo partire titolare dopo tre mesi di panchina sono serviti nell'ordine: la cessione di Tsonev a Gennaio, l'infortunio di Scavone, la febbre di Petriccione e la solita follia di Liverani che lo ha rischiato mezz'ala. Dove sta la favola? Eh? Dove sta?
Nove. Ho aperto un nuovo profilo Instagram.
Dieci. D'ora in poi Falco avrà un altro nome dietro la maglia, ci sarà scritto "tata". Che non è dialetto brindisino ("lu tata") ma è la Mrs. Doubtfire della Serie B. E' colui che prende e porta a spasso le difese avversarie, compra loro il gelato, le porta sull'altalena, le fa stare bene nonostante non sia né il papà e neppure la mamma. La tata.
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