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Giocare partite del genere, con la posta in palio che non conta praticamente nulla, non fa parte del DNA del Lecce. Eppure, la squadra di Gotti ha approcciato la partita con l’Atalanta con un piglio completamente differente rispetto a quanto fatto vedere nel match di lunedì scorso contro l’Udinese, nonostante la forza dell’avversario e l’obiettivo che gli uomini di Gasperini ancora inseguivano prima di ieri: la qualificazione aritmetica alla prossima Champions League.

Partita dai due volti 

L’Atalanta ha iniziato bene e nei primi 15 minuti ha costurito due occasioni per passare in vantaggio. Poi, però, il Lecce è venuto fuori bene, con convinzione ed un palleggio intelligente. Berisha ha verticalizzato con precisione in più di qualche occasione, mentre Gallo e Dorgu hanno spinto parecchio dalla loro parte, sfruttando le loro capacità fisiche e tecniche. Gonzalez, dal canto suo, è parso il più in difficoltà in un ruolo non propriamente suo. 

L’ex Barcellona è stato impiegato da esterno destro nel centrocampo a quattro e nonostante tanta buona volontà non è sembrato a sua agio in quella porzione di campo.

Nella ripresa, però, nemmeno il tempo di disperarsi per l’occasione d’oro gettata alle ortiche da Krstovic – l’attaccante montenegrino era stato servito alla perfezione da Piccoli ma da pochi passi ha calciato alto sopra la traversa – che l’Atalanta ha trovato prima la rete del vantaggio e poi quella del raddoppio. 

Due errori difensivi – nella prima occasione la linea non è salita con il tempo giusto mentre nella seconda è stato Falcone a compiere un’uscita fuori tempo – e partita in cassaforte per i bergamaschi, che nei minuti successivi, sebbene il Lecce abbia spinto con regolarità, hanno difeso il punteggio senza troppi affanni.

Ieri, al contrario di altre occasioni, i cambi operati da Luca Gotti non hanno inciso: Venuti e Pierotti i più positivi dei subentranti, mentre Oudin, Blin e Rafia non hanno lasciato il segno. 

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