Una lezione dagli spalti: la Serie A perde credibilità

L'approfondimento dedicato del settimanale "L'Espresso"
La lezione degli ultras a “chi indossa giacca e cravatta”
In questo clima, a uscirne vincitori in qualche modo sono stati gli ultras. Sembra un paradosso, ma è così. Quelli che, tra le altre cose, scandiscono nitidamente negli stadi frasi come “De-vi mo-ri-re”, quelli che nel 2025 hanno ancora problemi con il razzismo e che si scontrano prima della partita per rivendicare una presunta supremazia territoriale. Eppure, stavolta, la lezione non l’hanno ricevuta ma l’hanno data. Spesso si parla di “mentalità ultras” e questa ha un grande rispetto per la morte, indipendentemente dai cori. Come detto, è un codice, ogni associazione organizzata o spontanea ha il suo, in fondo. […]
Lecce-Napoli, però, è stata soprattutto la vetrina dello sfogo di chi quel dolore lo ha vissuto, di chi si è sentito calpestato. Di chi non vuole essere considerato di Serie B, sia sul campo, sia per quanto riguarda i propri diritti. Quello che si è visto a Lecce, sabato 3 maggio, non è stata una protesta del tifo, ma una vera contestazione di un sistema che è arrivato a mettere le persone dietro il profitto.
Ecco quindi che la frustrazione dell’essere umano viene espressa con il codice dell’hooligan: a partire dal rumore. Unico vero segnale di protesta che ci è concesso quando vogliamo esprimere sofferenza. Se chi perde un caro urla il proprio dolore, gli ultras usano il modo che conoscono meglio per esprimere lo stesso sentimento. Prima, i fischi assordanti durante l’Inno della Serie A. L’unico modo per farsi sentire in quel momento, mentre molti sostenitori davano le spalle al terreno di gioco.
Poi, il lancio di torce e petardi dalla Curva Nord, a partire dal sesto minuto di gioco, l’intenzione dichiarata di interrompere il gioco è la manifestazione della volontà di essere visti, ascoltati, per impedire che l’errore di gestione venga ripetuto ancora. Di non essere più posticipati, di non poter rinviare il dolore. Un sentimento condiviso e abbracciato da tutto lo stadio, incluso dalla fazione ospite. Non esiste rivalità se si tratta di condannare lo show e il denaro, quando calpestano la dignità di una persona, in cui poi si identifica non solo una squadra, ma una città intera.
Oltre al silenzio del Gewiss Stadium, hanno colpito anche le immagini del Lecce sceso in campo contro l’Atalanta con una maglietta dal messaggio potente: “Nessun valore, nessun colore”. Un gesto simbolico, che ha ricevuto ampio consenso e non ha comportato alcuna sanzione da parte della Lega.

Nei giorni successivi, la solidarietà è arrivata da tutta Italia. Ma mentre l’intero ambiente calcistico si stringeva attorno alla squadra salentina, il presidente della Lega, Lorenzo Simonelli, finito al centro delle critiche, ha continuato a sostenere che non esistevano altre date utili per rinviare il match. Una posizione rigida che ha contribuito a esasperare gli animi.
Se la Lega non ha sanzionato il Lecce per la maglia indossata a Bergamo, in un gesto che sembrava quasi una indiretta ammissione di colpa per quanto accaduto, ha invece agito con fermezza dopo la partita contro il Napoli. In seguito al lancio di petardi da parte dei tifosi, la società è stata multata con 20mila euro e ufficialmente diffidata.
Le polemiche del tifo, prima atalantino, e poi quello leccese, hanno avuto un impatto evidente: costringere un sistema apparentemente distante — quello, come lo ha definito Cosenza, “di chi indossa giacca e cravatta” — a riflettere. Non a caso, il presidente federale Gabriele Gravina ha annunciato nei giorni scorsi la volontà di creare un protocollo per gestire situazioni simili in futuro, per evitare che si ripetano scene come quelle viste sabato, e per evitare che si possano giocate nuovamente “partite dai valori calpestati”.
Così, la Lega sembra aver toccato uno dei punti più bassi della sua storia: ha dato l’impressione di distinguere tra morti “di Serie A” e “di Serie B”. Una distinzione che, anche grazie alla reazione del tifo organizzato, è stata finalmente messa in discussione.