header logo

Sono due le A che formano la parola capitano, tante quante le promozioni nella massima serie ottenute da Fabio Lucioni con la maglia del Lecce.

Un traguardo straordinario, che colloca di diritto l'esperto difensore nella storia del club giallorosso. In entrambe le annata culminate con l'approdo in Serie A, Lucioni ha saputo ritagliarsi un ruolo da protagonista: la sua esperienza, la sua grinta, le sue capacità di leadership, sono elementi che hanno inciso in modo decisivo nei successi del Lecce degli ultimi anni. C'è un dato, su tutti che testimonia l'importanza dell'ex Benevento, ed è una statistiche che prescinde dall'aspetto prettamente tattico. 

Negli ultimi tre anni, infatti, Lucioni ha chiuso la stagione con il record di minuti giocati. Tre campionati diversi su e giù fra A e B, tre squadre differenti, tre allenatori differenti, ma il numero 5 sempre lì, a comandare il centro della difesa. Non è un caso, ma un dato di fatto. 

Quello che ha fatto ulteriormente la differenza quest'anno, è stata la capacità del capitano giallorosso di alzare ulteriormente l'asticella del proprio livello di gioco. Che in B nel suo ruolo fosse un assoluto top player lo si sapeva ormai da tempo, ma quella appena conclusa è stata di gran lunga la sua migliore stagione in giallorosso. Meglio anche rispetto a tre anni fa, quando attirò su di sé le attenzioni del Sassuolo. 

In questo campionato, però, Lucioni è sembrato un uomo in missione. Il target, neanche a dirlo, era riportare il Lecce in Serie A. Obiettivo centrato, a suon di prestazioni monstre e sportellate sugli attaccanti avversari. Rispetto al passato ha segnato meno, ma il suo gol contro il Pisa, in termini di importanza, vale almeno per dieci. 

Così l'ex Benevento ha messo a tacere anche le tante (ingenerose) critiche delle ultime stagioni, da parte di chi (superficialmente), lo designava come colpevole dei tanti gol subiti, ignorando come il calcio di oggi sia un gioco di squadra in cui si attacca e soprattutto si difende di squadra, e difesa non è sinonimo di fase difensiva. Tant'è che oggi Lucioni è il faro della retroguardia della squadra che ha subito meno tiri e meno gol dell'intera Serie B. Fatti, non parole. 

Ma oltre all'aspetto tecnico, il centrale giallorosso ha fatto la differenza dal punto di vista del temperamento, dentro e fuori dal campo. E' stato il leader in un gruppo di leader: perché la forza di questo Lecce risiede nel fatto che ciascuno, per il suo ruolo e per le sue qualità, ha saputo ergersi a leader, per l'appunto,. Quando c'era da gonfiare il petto, da fare quadrato e da tirare fuori gli attributi, Lucioni non si è mai tirato indietro.

C'è stato un momento del primo tempo contro il Pordenone, in cui “lo zio”, dopo aver tentato l'anticipo su un attaccante avversario, si è lanciato a capofitto in avanti, facendo indietreggiare la manovra avversaria. Un gesto all'apparenza insignificante, che in quel momento però è stato decisivo per dare la carica a tutti, dai suoi compagni ai 27 mila del Via del Mare.

Il finale di quella notte è noto a tutti. Una coppa è tornata a brillare sul cielo del Via del Mare. Le mani che la reggevano erano quelle salde di Fabio Lucioni, un nome destinato alla storia di questo club. 

Ciro e Michele, eroi senza tempo
Frosinone-Lecce 3-1: Abisso choc. Tesoro: "Non arbitri più il Lecce"