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Il Lecce finalmente vince la sua prima partita in casa, mettendo sotto una delle formazioni più forti della serie A, l'Atalanta guidata da Giampiero Gasperini. I giallorossi scendono in campo con la giusta tensione e rabbia agonistica, pressano gli avversari per tutta la gara impedendo loro di imbastire trame di gioco pericolose. Il risultato premia finalmente la compagine guidata da Marco Baroni ed il Lecce guadagna posizioni importanti in classifica.

“Non ci crederete ma ho scritto queste poche righe prima della partita, sotto gli sguardi incuriositi di Pierpaolo Verri ed Andrea Sperti, seduti accanto a me in tribuna stampa. - Ma che stai scrivendo? Magari! - Io ridevo sotto i baffi ed avevo deciso di iniziare l'editoriale così, comunque fosse andata la partita, così tanta era la voglia di vedere il Lecce vincere, in serie A, davanti alla sua gente. Per una volta volevo vivere l'ebbrezza di raccontare una vittoria in casa, non più i soliti pareggi o peggio ancora le sconfitte; sapevo che sarebbe arrivata, non stasera magari, ma tanto valeva portarsi avanti, avrei sempre potuto cancellare. Poi ho chiuso il PC, è iniziata la partita e si è avverato tutto ciò che speravo accadesse.”

(Ora mi toccherà rifarlo ogni volta.)

Baroni mette in campo nove undicesimi della formazione che aveva ben figurato a Udine, con Pongracic e Di Francesco al posto di Umtiti e Banda ma la sostanza non cambia rispetto a venerdì sera. La squadra è ben messa in campo ed inizia immediatamente a far capire a chi guarda ma soprattutto agli avversari che darà battaglia fino alla fine. Non solo accettando i duelli a tutto campo, non solo rischiando l'uno contro uno al cospetto di avversari prestanti fisicamente e forti tecnicamente, ma producendo anche trame di gioco efficaci, azioni pericolose senza lasciare spazi, o la profondità, ai veloci attaccanti nerazzurri.

Accade così che prima Baschirotto di testa e poi Di Francesco portino i giallorossi sul 2-0 mentre lo stadio veniva giù orgoglioso e faceva esplodere la sua felicità. Non poteva essere diversamente dopo aver visto Baschirotto segnare e correre per cento metri fino alla curva Nord come un indemoniato per poter festeggiare la sua prima rete in serie A; e dopo un minuto? Beh, Di Francesco si ricorda di essere un calciatore da più di 150 partite in serie A, si beve la retroguardia orobica, mette a sedere Sportiello e deposita la sfera in rete con una grazia che si ricorderà per molto tempo a queste latitudini.

Ci sta anche l'errore, con gli uomini di Gasperini che punti nell'orgoglio accorciano le distanze ma il secondo tempo stavolta non delude. Il Lecce non arretra, seppur la pressione degli avversari diventi pericolosa, ribatte colpo su colpo. Un altro episodio da raccontare è l'ingresso in campo di Umtiti, avvenuto quando Gendrey chiede il cambio perchè non ce la fa più e vedere un campione di quel calibro prendere posizione con grinta, dedizione e senso di appartenenza ti fa stropicciare gli occhi.

Non vorremmo fare torto a nessuno, perchè la prestazione di tutti è stata encomiabile e rasenta la perfezione, ma Hjulmand, Gallo e Blin, oltre agli autori dei gol, meritano una menzione. Il danese ha corso per due, sradicato palloni su palloni dai piedi dell'avversario di turno, disputando probabilmente la migliore prestazione di questo campionato; il giovane terzino sinistro sta crescendo a vista d'occhio, le sue movenze denotano sempre meno la paura di osare e con le sue continue sovrapposizioni è una spina nel fianco per le difese avversarie perchè è instancabile e poi ripiega alla stessa velocità con cui si spinge in avanti; Blin, che dire? Basti dire che con lui in campo il Lecce gioca meglio, Hjulmand gioca meglio, la sua esperienza, la cattiveria agonistica, la generosità che mette al servizio dei compagni sono sempre state ben visibili per chi vi scrive.

Un pensiero a parte lo merita Marco Baroni: venerdì scorso abbiamo titolato “E' tornato Baroni” e non era un titolo per caso. A noi il tecnico fiorentino piace molto, soprattutto ci piace la sua idea di calcio, anche se i più non riescono a vederla, a volte anche per colpa sua. Il calcio di Baroni è semplice: aggressione alta, ritmi alti, riconquista della palla e ripartenze veloci. Non c'è molto altro da dire, ma riuscire a farlo non è per niente semplice, ci vogliono allenamenti specifici perchè diversamente la squadra si “slega”, i reparti non restano compatti ed allungarsi è il naturale preludio ad un gol subito, è una sconfitta annunciata. Si sa, se una squadra si allunga gli avversari trovano facilmente gli spazi per fare male. Prima di Udine il Lecce aveva avuto una flessione, non mentale, non fisica probabilmente, ma era una precisa scelta tattica dello staff tecnico quella di aspettare gli avversari nella trequarti senza pressarli, senza alzare i ritmi, senza avere più quella cattiveria agonistica che in serie A dev'essere la forza, il motore trainante di una matricola così giovane come il Lecce. Parlammo di inspiegabile involuzione perchè far avvicinare gli avversari pericolosamente alla tua area di rigore comporta non solo costringere i tuoi attaccanti a giocare lontanissimi dalla porta con tutte le difficoltà che ne conseguono, ma anche di subire il gioco degli altri che arrivano freschi e riposati, pronti a fare male. Ora finalmente il tecnico ha capito, è ritornato sui suoi passi, è tornato a fare il “Marco Baroni”. I risultati si vedono, non avevamo dubbi e ora si la squadra può ricominciare a crescere di partita in partita. Sabato si gioca l'ultima di questo mini-torneo, a Genova contro la Sampdoria, uno scontro diretto che entrambe le squadre cercheranno di vincere, prima che sopraggiunga la lunga sosta per permettere lo svolgimento dei mondiali di calcio.

Il Lecce può farsi ancora un ultimo regalo, farlo ai suoi tifosi ed alla proprietà tutta che con grande passione e sacrificio supporta la squadra ogni giorno.

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