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Ormai ci si accontenta di poco, basta davvero poco per vedere volti soddisfatti anche se sempre tesi quando gioca il Lecce. Ho negli occhi gli sguardi di tanti amici incontrati durante l'intervallo, sugli spalti del Via del Mare, ed ho capito che lo svolgimento del primo tempo aveva regalato un po' di serenità; il Lecce, pur senza tirare mai in porta, pur compiendo errori elementari in fase d'impostazione era riuscito a mantenere la rete inviolata.

Il ritrovare l'aggressività perduta aveva rinfrancato un po' gli animi.

Peccato che non basti questo per vincere una partita, perchè con tali presupposti al massimo puoi pareggiarla, se ti dice bene. I secondi quarantacinque minuti infatti, hanno fatto capire sin da subito che il Lecce era tornato quello del secondo tempo con la Fiorentina, o quello di Bologna. L'unico aspetto che lo accomunava alla prima frazione di gioco è stato il non tirare mai in porta, sbagliando anche i passaggi più semplici; l'aggravante è stata il concedere campo alla Juventus che alla fine è riuscita a passare in vantaggio; i giallorossi, complice il palo colpito da Hjulmand, hanno perso la partita.

Ancora contenti? Direi di no, io già non lo ero a fine primo tempo, figuriamoci dopo la sconfitta.

Baroni rivoluziona un po' la squadra ed inizia con un 4-4-1-1, con Gonzales dietro a Ceesay; a centrocampo Blin si posiziona accanto al capitano, mentre Strefezza e Oudin sono a piede invertito. Umtiti ancora in panchina (aveva una vistosa fasciatura al polso) mentre Gallo, Baschirotto, Pongracic e Gendrey costituivano la linea di difesa davanti Falcone. Finchè il Lecce ha prodotto intensità e compattezza la Juventus non si è vista ma, non appena è calata la pressione ha perso campo e si è ritrovata gli avversari alle porte di casa, nell'occasione nei pressi della porta difesa da Falcone. Una serie di calci d'angolo ben battuti hanno fatto spaventare i giallorossi, schiacciati nella loro area di rigore, incapaci a ripartire fino al gol di Fagioli siglato quando ormai mancavano pochi minuti alla fine. Stavolta la reazione c'è stata, anche se ha prodotto soltanto un tiro di Hjulmand finito sul palo ed un mancato, ma pericolosissimo “tap in” di Colombo, su assist di Banda.

Allo stato, l'unica cosa positiva di questo sabato è la sconfitta da parte della più vicina delle dirette concorrenti, cioè la Sampdoria che mantiene il Lecce fuori dalla zona retrocessione.

La sensazione che non si sia posto fine all'involuzione che pare aver colpito la squadra è palpabile, ce lo sentiamo nelle ossa. Calciatori spaventati, anche se danno tutto, ma che non riescono a sbloccarsi, troppo timorosi. Ci sta, ne siamo consapevoli, considerata la giovane età di una rosa nuova in tanti interpreti; eravamo preparati agli alti ed ai bassi a cui sarebbe andata incontro, eravamo anche consapevoli che in serie A il filotto di sconfitte per una matricola, può starci così come in B si aspetta da una big il filotto di vittorie per spiccare il volo. Quello a cui invece non eravamo e non siamo pronti ad abituarci è la mancanza di tiri verso la porta avversaria, questo no; perdere si, ci sta, ma perdere senza tirare mai fa “perdere la speranza” e la pazienza. La responsabilità non è di Ceesay chiaramente, ma di tutti coloro che dovrebbero innescarlo e attualmente non ci riescono. Saremmo pazzi a dare la responsabilità ad un calciatore che pur facendo il lavoro di due elementi non riceve mai un pallone giocabile. Saremo pronti a scrivere che la colpa delle mancate vittorie sarà sua quando lo vedremo sbagliare due/tre gol a partita, in gare come questa contro la Juventus non è giudicabile, alla stessa stregua del portiere che non riceve tiri in porta; come si fa a giudicarlo?

Venerdì ci sarà un altro appuntamento proibitivo sulla carta: il Lecce farà visita all'Udinese, una squadra fortissima che gravita nelle posizioni nobili della classifica.

Il trend va invertito, in un modo o nell'altro, i punti servono e Baroni deve trovare il bandolo della matassa per far uscire il Lecce da questa situazione, prima che sia troppo tardi.

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