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di Salvatore Negro

Ci risiamo. Ogni anno in questo periodo arriva puntuale un disastro ambientale dalla forte vocazione dolosa, anzi dolorosa.

Ieri è stata una giornata drammatica per centinaia di cittadini e turisti di Lido Conchiglie e Santa Maria al Bagno, costretti ad abbandonare le proprie abitazioni per un incendio dalle proporzioni inimmaginabili che ha coinvolto e toccato l’intera zona, evacuata dalle forze dell’ordine. Per ore decine di squadre di volontari, vigili del fuoco, elicotteri e canadair hanno tentato in tutti i modi di contenere il disastro. Solo in tarda serata il pericolo è stato sventato lasciando un ricordo spettrale dell’accaduto.

Fin dal mattino sono andate avanti le operazioni di spegnimento dei vari roghi che hanno mandato in fumo centinaia ettari di terreno, di alberi, di sterpaglie e macchia mediterranea, favoriti altresì dalle temperature torride di questi giorni.

Salento: lo sviluppo dell’incendio, da Santa Maria al Bagno fino al Lidi Conchiglie

L’incendio partito pare dal “Villaggio Resta”, a nord di Santa Maria al Bagno, rapidamente si è esteso lungo tutte le campagne e le zone circostanti alimentato dal fortissimo vento secco di tramontana che in pochissimo tempo ha coinvolto tutta la zona della “Reggia” fino a scendere alla Montagna Spaccata di Lido Conchiglie coinvolgendo alcune abitazioni, rapidamente abbandonate dai proprietari.

I video che circolano sulla rete e in tv raccontano di uno spettacolo terrificante dove veramente si è temuto il peggio per la paura che decine di persone potessero rimanere intrappolate nel rogo biblico, non essendoci tra l’altro vie di fuga alternative a causa della difficile accessibilità e soprattutto per gli ingorghi causati da centinaia di curiosi che hanno ostacolato i soccorsi con le proprie auto lungo tutta la litoranea tra Gallipoli e Santa Caterina.

E come sempre ci viene da chiedersi: “Quanto ci costano questi incendi?” E soprattutto quanto siamo davvero disposti a fare per salvare il nostro territorio?

La tendenza diffusa è quella di scaricare le colpe su falle e carenze istituzionali. Ma la scarsità di risorse non è una buona occasione per dimenticarsi che a monte vi sono puro menefreghismo, incuria diffusa e comportamenti criminali. Manca una seria politica di tutela del territorio e, nello specifico, di protezione delle aree boschive protette.

Secondo alcune stime di questi giorni della Coldiretti di Puglia, “ogni rogo costa ai cittadini oltre 10mila euro all’ettaro fra spese immediate per lo spegnimento, per la bonifica e quelle a lungo termine sulla ricostituzione dei sistemi ambientali ed economici in un arco di tempo che raggiunge i quindici anni”.

E proprio la provincia di Lecce è quella che, puntualmente, si sta infiammando più di altre. Specie nel basso Salento, dove vi sono stati già “ventinove roghi in tre settimane", secondo i dati della Protezione civile e dell’associazione che rappresenta gli agricoltori.

E se la primavera molto piovosa quest’anno ha fatto partire in ritardo la stagione degli incendi, non c’è molto da ben sperare.

Perchè visto come si stanno mettendo le cose ed il perdurare del caldo torrido per almeno ancora 15 giorni, c’è poco da stare allegri.

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