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Peppino Palaia, storico medico sociale del Lecce, è stato nostro ospite durante PL Night Show in diretta sul canale Twitch di PianetaLecce. (CLICCA QUI PER RIVEDERE LA PUNTATA)

Parliamo del Lecce delle ultime settimane
“Di questi momenti ne ho vissuti tanti, non bisogna drammatizzare. Anche nelle sconfitte ho sempre colto i lati positivi. Nonostante le 4 sconfitte abbiamo perso 1 solo punto. Il campionato del Lecce è stato eccezionale con ragazzi giovanissimi che non avevano fatto la Serie A. È stato un campionato eccezionale e qualche sconfitta è stata anche fortuita”.

Con quali giocatori hai avuto il rapporto migliore?
“Ho sempre privilegiato il rapporto umano rispetto a quello professionale. Ho creato rapporti extra-calcistici con la gran parte di calciatori e allenatori… se devo citarne uno, Carletto Mazzone, tant'è che il figlio mi chiama zio. Mi hanno intitolato un club una settimana fa, così ho chiesto a qualche giocatore un video e quello di Ciccio Cosenza è da brividi, parla solo dell'uomo. Se c'è questo rapporto con calciatori, professionisti e tifosi si vede che qualcosa ho seminato in 1598 panchine, son tante”.

Da esterno riesci a dare un giudizio sullo staff medico attuale del Lecce?
"Non posso risponderti, posso dire con grande vanto che i tre fisioterapisti sono ragazzi che ho cresciuto: ho lavorato prima coi genitori Fernando Fiorita (adesso c'è Graziano) e Rino Soda (adesso c'è Francesco), poi Marco Camusa è stato mio studente nel corso di laurea a Brindisi. 
Poi ci sono il nutrizionista e preparatore fisico Mirco Spedicato e Giovanni De Luca, che scelsi ai tempi di De Canio, quando andammo in Serie A da primi.
Per quanto riguarda il collega non vorrei esprimermi, non vorrei urtare la suscettibilità di nessuno. Non mi piace parlare del collega, parlo di quelli che ho cresciuto, sui quali metto la mano sul fuoco".

Come mai ci furono così tanti infortuni con Liverani?
“Quando ci sono molte lesioni muscolari, non è certo il medico che le provoca, bisogna vedere se c'è stato sovraccarico o mancanza di un certo tipo di lavoro. Posso dire con certezza che nel micro-ciclo del preparatore di Liverani non c'era una seduta di forza: questo è stato deleterio. Se noi guardiamo a cosa puntano gli allenamenti, puntano ad ottenere l'alta intensità, che poi si ritrova in gara. Ma se la si ritrova in gara senza averla cercata in allenamento, si rompe qualcosa, e parliamo di lesioni muscolari. Per i traumi chiaramente è diverso, sono occasionali. Le lesioni muscolari il più delle volte sono legate o a predisposizione individuale o a carichi di lavoro impropri. Poi bisogna fare mea culpa, tant'è che Liverani si è ripetuto anche a Parma, avendo poi qualche problemino a Cagliari".

Si poteva evitare la rottura dell'agosto 2020?
“Ci furono una serie di situazioni negative. Corvino stava da appena una settimana nel Lecce. 2 anni prima non mi hanno permesso di portare un preparatore per recupero infortunati, volevo Giovanni De Luca che con me ha lavorato 15 anni. Mi hanno dato un preparatore fisico recupero infortunati ed un fisioterapista di Liverani, che per banali patologie li mandava a Roma. Sono esplosi dissapori quando a Corvino si disse ‘o me o Palaia’. Questo fu fatto perchè Liverani prendeva tempo… brigava di restare in Serie A. Prima doveva andare a Cagliari tramite Carli, poi andò a Parma.

Liverani disse che il dottore Palaia aveva sbagliato un sacco di terapie. Una volta colpita la mia dignità professionale, ho dovuto fare quel comunicato stampa, che poi è stata la causa del distacco con la società. Con un po' di buona volontà sia mia sia della società forse si sarebbe potuto ricomporre tutto, però quando l'adrenalina aumenta non si è freddi mentalmente. Comunque dopo 40 anni ci poteva essere un finale, che io però avrei voluto in maniera più consona".

In che rapporti sei con Sticchi Damiani e con Corvino?
“Col presidente ottimi, è stato ospite quando mi hanno intitolato l'ultimo Lecce club. Pantaleo non l'ho sentito, probabilmente è indaffarato in tante cose e gli è passato di mente. Io mi sento sempre parte del Lecce, i miei globuli rossi sono giallorossi. Penso sia l'unico medico in Italia ad avere intitolati ben 4 club: l'affetto dei tifosi è sempre gratificante".

C'è stata l'occasione di poter tornare? Dovesse arrivare una chiamata?
“Mi sento un po' fuori dalla mischia. Né da una parte né dall'altra c'è stato un minimo riavvicinamento professionale, poi nella vita può succedere di tutto. Io ho i miei centri, quindi ci dovrebbe essere coinvolgimento anche delle mie strutture. Tra basket Brindisi e Nardò, atleti ancora ne vedo e tanti. Tutto è possibile ma al momento credo di no”.

Quando è importante aver uno staff medico di livello?
“Credo ci debba essere simbiosi totale tra area medica e tecnica. Il mosaico è godibile quando tutti i tasselli stanno al posto giusto. L'affiatamento tra medico, responsabile sanitario e fisioterapisti è molto molto importante”.

Domanda dei tifosi: quanto tempo ci vuole per recuperare una lesione muscolare come quella di Dermaku?
"Chiaramente mi rifaccio a ciò che scrivono i giornali. Parlando da medico, la recidività di una lesione muscolare crea interrogativi. Nella recidiva ci sono predisposizione del calciatore e non rispetto dei tempi di recupero. C'è un momento che va dalla guarigione clinica (ecografia pulita) alla ripresa dell'attività agonistica: si chiama riatletizzazione, che ti porta ad essere pronto per la gara. In questo periodo ci sono due figure sinergiche: preparatore atletico e fisioterapista, assieme, chiaramente, al medico. Bisogna fare tutto ciò che è possibile per far arrivare l'atleta a condizioni ottimali. Sarò moderatore di un convegno importante a Modena, dove ci saranno anche componenti dello staff di PSG e Manchester City: si parlerà proprio di questi step. È un momento molto delicato, proprio per questo avrei voluto un preparatore atletico personale per recupero infortunati.

Dermaku probabilmente avrà qualcosa di suo. Ha avuto vari problemi, ultimamente è stato operato per ernia da sport, che a differenza della classica ernia inguinale si verifica sulla parete addominale che va incontro in alcuni sport a grossi carichi di lavoro. Non voglio parlare dei giocatori del Lecce, altrimenti potrei urtare la suscettibilità di qualcuno".

Pongracic, invece?
“Ho seguito qualche caso, anche parlando con amici. Lo hanno operato, ma tanti atleti con questa problematica non vengono operati. Lo hanno operato per cercare di dare maggiore stabilità alla caviglia, verosimilmente lui aveva avuto altri episodi del genere, ripeto verosimilmente. Recuperarlo per fine campionato? Bisogna vedere come sta ora. Gli step sono questi: dopo un blocco articolare ci sono recupero articolare, rinforzo muscolare, ginnastica propriocettiva e riatletizzazione".

Che ne pensi della pratica di mandare i giocatori fuori per curarsi?
"Per una trentina d'anni ho fatto il medico in maniera totale: visita, diagnosi, prognosi e terapia. Molti si sono affidati a me, come Antonio Conte, che poi mi mandava Vucinic il lunedì per recuperarlo il venerdì, ed i medici della Juve lo sapevano. Poi improvvisamente nel calcio è comparsa una figura, ovvero il procuratore col suo medico di riferimento. Il medico così è passato da fare il medico a fare il coordinatore, ovvero a dialogare con l'altro medico che cura fuori.
Quando mi chiedevano di andare fuori, lo facevo, ma pretendevo si interfacciasse con me, per tanti motivi: uso di sostanze dopanti ad esempio, io da medico devo sapere.
Adesso c'è il malvezzo di andare sempre fuori, da quanto leggo a Lecce succede spesso. Nel mio ultimo anno se li prendeva Liverani e li mandava sempre a Roma. Ma lì il problema non era tanto Liverani: doveva intervenire la società. Quando vince l'allenatore può fare quel che vuole: questo è un altro malvezzo del calcio. Liverani non poteva giudicare il medico, non aveva le competenze. Adesso ci penso col sorriso sulle labbra".

Che tipo era Baroni? Vi siete sentiti di recente?
“Lo ricordo da giocatore, con Mazzone. Da quando è tornato a Lecce, per non urtare la suscettibilità di nessuno, ci siamo messaggiati per le feste. Sono presente in determinati momenti, ma non parliamo di Lecce. Dopo 40 anni diventa scomodo mettere bocca in determinate situazioni che mi riguardano professionalmente”.

Che ne pensi della preparazione atletica di Zeman?
"Spesso e volentieri ci siamo confrontati: faceva sti benedetti sacchi di 30kg di sabbia sulle spalle. Ho fatto tante lezioni e tra i mezzi impropri d'allenamento metto proprio questi tipi di allenamento. Dovrei fare una precisazione: tra le due vertebre c'è un disco intervertebrale, che normalmente in piedi trasmette 80kg di pressione. Questo disco ha nella parte interna il nucleo polposo e la parte esterna è più dura (anello fibroso), ma se si rompe esce il nucleo e forma l'ernia. Se mettiamo 30kg sulle spalle con 10 gradi di inclinazione, trasmettiamo in quel disco 207kg. Questo diventa deleterio, tant'è che Cassetti e Ledesma, sotto mio consiglio, si rifiutavano.
Io dico che ogni allenamento ha un fine. Questo richiama la forza. La forza la puoi fare sulla leg press, è un modo per farlo e ottenere comunque risultati. Se un soggetto non può fare un allenamento per caratteristiche fisiche, devi cambiare allenamento. Zeman è stato un bravo allenatore ed un grande personaggio: i suoi gradoni hanno fatto la storia. Uno alto quanto Strefezza non può fare i gradoni alti quanto un giocatore di basket". 

Quali partite porti più nel cuore?
“Bari-Lecce 0-4, chiaro. Poi partita col Torino storica con Mazzone. Lo 0-4 a Bari mi rimane dentro, goduria totale. La promozione più bella probabilmente è la prima, un momento storico. Poi mi è rimasto Roma-Lecce 2-3. Ricordo anche le sconfitte perchè da quelle sono nate le vittorie più belle. Del Lecce mi rimane che ci sono momenti di esaltazione per niente e depressione per niente, pensate al momento attuale: basta una vittoria per esaltare tutti, magari ad Empoli”.

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