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di Daniele Panarese

Vita, parola in antitesi ad un'altra: morte. È stata una settimana, l'ultima, scandita da questi poli opposti, dall'uno che ha interrotto l'altro nel modo più feroce, perché totalmente inaspettato e nel pieno svolgimento di un lavoro che era anche passione, nell'amore di una moglie e nei sorrisi felici di quattro bambini. I suoi. 

Era immerso in tutto questo, Graziano, prima di non svegliarsi più in quella maledetta camera d'albergo.

In antitesi a quella felicità spezzata, oltre e dopo la morte, c'è stata la Lega Calcio che, senza alcun rispetto e rara disumanitá ha anteposto l'interesse sportivo ed economico. La Lega Calcio ha imposto ad un gruppo di uomini (giocatori, allenatori, dirigenti, staff) di divertirsi e divertire giocando a pallone con la morte nel cuore ed il corpo ancora caldo di Graziano, neppure rientrato a casa. 

Quanto fatto al Lecce è da ascrivere tra le pagine più scandalose della storia italiana, non solo sportiva. Quello che hanno fatto i giocatori scesi in campo a Bergamo, invece, ha una sola parola, miracolo, ed un solo aggettivo, eroico. 

Un eroico miracolo con cui hanno regalato a Graziano e a tutti noi il punto più bello della storia dell'uso Lecce. Il punto più bello di tutti. 

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