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di Gabriele Maruccia 

Milano. Bergamo. Roma.

Tre trasferte proibitive. Tre prestazioni superbe. Tre risultati uguali. Tre sconfitte, purtroppo.

Tornare a casa dopo aver macinato chilometri con un sorriso amaro per come è maturato il risultato, sta diventando una spiacevole costante. Sia chiaro: a soffrire siamo abituati, è nel nostro DNA e una salvezza all’ultima giornata vale quanto una salvezza alla quintultima. Anzi, forse fa godere di più.
E giocando così i punti arriveranno quanto basta per salvarsi, ne sono convinto.

Tuttavia, di ritorno dall’ennesima trasferta, trovarsi a riflettere che con un pizzico di fortuna (cattiveria?) in più la classifica racconterebbe di un Lecce in lotta per ben altri obiettivi, non aiuta a mandare giù il boccone amaro che i ragazzi di Mister Sarri hanno servito al popolo giallorosso, come sempre numerosissimo, oggi a pranzo.

Ed è così allora che, senza andare troppo indietro e senza rivangare decisioni arbitrali dubbie, penso al cross di Gallo che incoccia il piede di un triste Strefezza, con la sfera al terzo anello di San Siro. Ai destri sgangherati di krstovic e piccoli in terra orobica. All’incornata piena di oggi del bomber balcanico, che tante gioie ci ha dato proprio con quel fondamentale e che oggi ci fa lasciare (non solo a causa sua sia chiaro!) l’Olimpico a mani vuote…

Non è una riflessione per addossare la croce a qualcuno. Anzi. È il modo di un tifoso per esorcizzare questo magone, che all’inizio del viaggio e del girone di ritorno non riesce a non pensare che le prestazioni dei ragazzi sono sempre da encomio.

Ecco: grazie ragazzi, davvero, ma cambierei il finale.

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0 successi e 0 clean sheet: Lecce, fuori casa bisogna cambiare marcia