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Dopo due pareggi consecutivi che hanno mosso la classifica è arrivata la terza sconfitta, ancora di misura, contro il Torino. Il Lecce in questo difficilissimo inizio di torneo ha due punti, dovrebbero essere tre, tutti meritati, perché quello “mancato” contro l'Inter brucia ancora.

La sconfitta contro il Torino invece non fa una piega, una squadra più che consolidata nella massima serie quella granata, guidata da un tecnico che sa come metterla in campo e che dallo scorso anno ha già trasmesso un impianto di gioco ai suoi ragazzi; formazione che ha cambiato pochissimi interpreti. L'idea di calcio dell'allenatore granata non è mutata da quando allenava il Verona e l'abbiamo potuto vedere anche contro i giallorossi: preparazione atletica perfetta, aggressività, tenuta delle linee, primi sui rimpalli e sulle seconde palle, capacità di correre bene, spesso alla massima velocità ma in spazi contenuti grazie al rispetto delle posizioni da parte di tutti e tre i reparti. Chiaramente non sono qualità che si ottengono da un giorno all'altro, dietro c'è tantissimo lavoro. Di contro un Lecce che, nonostante un primo tempo in cui non meritava di andare sotto, ancora non riesce a progredire, non è riuscito a scrollarsi di dosso la marcatura “uomo su uomo” prodotta dai granata, fastidiosissima, non è riuscito ad evitare il pressing ed ha sempre rincorso, perché il Torino è stato anche bravo ad eludere la prima pressione tentata dai salentini, mandando spesso a vuoto i tentativi dei giallorossi di aggredire alti.

Stante queste premesse risulta poi scontato sia il risultato che la prestazione, soprattutto nel secondo tempo: il Lecce si è difeso con ordine, è stato costretto a fare densità dietro, ha cercato di evitare la pressione degli avversari affidandosi troppo spesso al lancio lungo su Ceesay il quale era chiamato ad un lavoro improbo: riuscire a rendere giocabile il pallone sparacchiato dalle sue parti avendo un paio di uomini alle calcagna.

Il Lecce si è poggiato molto su di lui e sulle progressioni palla al piede di Banda e, finchè i due hanno retto, anche agli interventi da macellaio compiuti dai difensori granata e non puniti dal direttore di gara, è riuscito ad essere pericoloso in qualche occasione. Calati i due la fase offensiva del Lecce è sembrata una corsa nel buio, Di Francesco infatti è stato evanescente anche prima del colpo tremendo allo zigomo che l'ha mandato di fatto in ospedale, le catene di destra e di sinistra non hanno funzionato mai; quelle sovrapposizioni dell'esterno basso, il fraseggio con la mezz'ala che viene incontro a creare superiorità numerica non si sono viste e, soprattutto nel secondo tempo, la squadra non ha tirato in porta. Tanti gli errori tecnici, anche da parte dei subentrati.

Baroni allena una squadra tutta nuova, giovanissima e che deve “conoscersi” in tanti suoi interpreti, oltre ad inserirsi in questo campionato; per ognuno di loro ci vorrà il tempo necessario, non solo a livello tattico ed atletico, ma anche mentale. Paradossalmente per far crescere la squadra senza farla demoralizzare, forse, se si deve perdere, è meglio che questo accada di misura. Forse è questo che pensano inconsciamente i giallorossi. Ma c'è un però: noi pensiamo che la mancanza di capacità di reazione sia soprattutto mentale, poi anche fisica e questo riteniamo sia dovuto alla pochissima esperienza e personalità che alberga in mezzo al campo, da sempre vero ago indicatore delle prestazioni. Non siamo in grado di dire oggi se il Lecce avesse bisogno almeno di una mezz'ala con più qualità, esperienza, capacità tecniche e morali così da essere anche un punto di riferimento per i più giovani, non lo sappiamo. Però sappiamo che quando si perde, quando si sta perdendo, quando mancano quindici minuti alla fine, si inizia a tentare il tutto per tutto, si getta il cuore oltre l'ostacolo, si va a fare la guerra e si tira anche qualche volta in porta. La sconfitta di Torino è la fotocopia di quella di Sassuolo. La difesa inutile di un risultato già negativo.

Ora la squadra ha la possibilità di lavorare quasi per una settimana, Baroni ha quella di far migliorare atleticamente e tatticamente i calciatori, ma deve lavorare anche mentalmente su una squadra giovanissima che per “riuscire” a dire la sua in questo campionato ha bisogno di mettere la freccia cercando di non fermarsi più alla quasi irreprensibile fase difensiva. A volte bisogna andare oltre, questo gruppo deve imparare ad osare anche a costo talvolta di perdere con più gol di scarto. Bisogna sforzarsi di esprimersi anche in avanti, senza troppi schemi mentali, fa niente se questo comporta qualche brutta figura, ma dietro al coraggio, ogni tanto, si nascondono belle sorprese.

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