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di Donato Francesco Bianco

Le parole grosse volate a fine partita tra Lecce e Vicenza tra i calciatori Meggiorini e Majer hanno tirato su un polverone sulla stampa italiana.

Un detto dice che la lingua ferisce più della spada a volte. Nell’ultima partita giocata dal Lecce in casa e nei minuti finali, lo stesso detto sembra trovare la sua collocazione più consona.

Condannabile fin quando si vuole, le parole infelici del calciatore del Lecce, hanno scatenato un polverone del tutto inopportuno se si conoscessero fatti e persone prima di digitare sulla propria tastiera una sentenza senza appello o difesa dalla parte dei protagonisti.

C’è da dire che in un campo di calcio e molte volte anche fuori dal rettangolo di gioco, succede e si dice di tutto. Le offese sono forse il male minore di fronte a fatti cruenti che hanno segnato in passato il gioco del calcio.

Uno sport che ha visto anche perire gente sugli spalti, per crolli strutturali o di fazioni contro.
Con questo non vuole apparire una difesa o una giustificazione al verbale del calciatore del Lecce, anche lui orfano degli entrambi genitori, inveita contro il calciatore del Vicenza, è pur sì un’offesa ma rimane solo nell’ambito oggetto della “buon costume”.

Del polverone che si alzato dietro le loro spalle rimarrà ben poco. I calciatori continueranno a dirsele e a darsele in campo, dagli spalti voleranno sempre gli stessi epiteti secondo la geografia o del colore della pelle dell’antagonista del momento.

I padri a bordo campo continueranno a incitare i propri figli a rompere le gambe al proprio avversario e i giudici di tastiera, continueranno a emettere sentenze, condannando a prescindere dal sentimento scaturito in quello momento o per altre ragioni senza conoscere fatti, persone o calcato un campo di calcio.

Il calcio non è un sport per signorine e con questo ennesimo episodio, ne abbiamo avuto conferma qualora se ce ne fosse stato bisogno.

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