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Sapete cosa mi piace del calcio? Riesce a ridicolizzare una dichiarazione nel giro di una settimana. Quando va di lusso, anche di una sostituzione.

Non so se vi siete resi conto di quanto sia stato diabolico Di Francesco domenica scorsa quando con lo stesso centrocampo di Lecce-Milan 0-2 - ma quello a partire dal 63esimo in poi - è riuscito a passare da “squadra senza qualità” a un meno tecnico, ma più folkloristico, “allora sapiti sciucare!”. Che potrebbe diventare un “allora sei sano!” di Zaloniana memoria.

Gli è bastato avanzare Coulibaly a ridosso della punta e a lasciare agire alle sue spalle due mediani come Ramadani e Berisha. Un concetto espresso in maniera semplificata, studiato a tavolino col suo staff, ma che riordina le idee di tutti. Anzi, le spariglia. Perché ci eravamo tutti dannatamente convinti, io per primo, che questa volta la squadra non fosse all'altezza del compito. Ed invece no. Invece potrebbero aver ragione loro.

Una condizione fisica non ancora omogenea. Una squadra che sta prendendo la forma più corretta rispetto alle caratteristiche dei singoli, un allenatore che sta prendendo confidenza con le qualità dei suoi. 

Di Francesco ha tirato fuori dal cilindro la sua Eusebiata e ha costretto l'esigente e spazientito pubblico del via del Mare ad applaudire Tony Gallo. Soprattutto, a rientrare in campo sul gol del 2-2 a tempo scaduto visto che, ancora una volta, un ottavo degli astanti era già con le chiavi nel cilindretto.

Difra, come lo chiamo io con una confidenza che non mi è mai stata accordata, sta cominciando ad incidere sulla squadra. Lo aveva già fatto in tutte le sue precedenti esperienze, e non vedevo l'ora che lo facesse anche qui.

Non si è limitato al compitino. Ha studiato, pensato, immaginato. Poi ha applicato, sbagliato, giostrato e ora sembrerebbe aver capito. Ha la soluzione. 

Felice quella squadra che non ha bisogno di miracoli, ma solo di idee.

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