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“Non ricordo esattamente il giorno, avrò avuto 8 o 9 anni. Amavo l’album, le figurine, le riviste ed i videogiochi legati al calcio. Mi hanno colpito subito quelle magliette giallorosse, quei colori sgargianti mi sono entrati nel cuore senza un reale motivo. Sono andato da mio padre, toscano juventino, e gli ho chiesto: “Papà, il Lecce è forte?”. Mi ha risposto di no, eppure ormai non mi importava. Anche se non avevo nessun legame con il Salento, era quella la mia squadra”.

È partita così la chiacchierata con Federico Guasti, giovane tifoso giallorosso che qualche giorno fa ci ha contattato per raccontare la sua storia. È nato a Prato nel 1990 e non ha nessun legame affettivo con il Salento. Tifa Lecce però, e lo fa ormai da circa 20 anni. La prima stagione che ricorda per davvero è quella 1999-2000, Lecce in Serie A e salvezza sofferta, come sempre del resto.

“A Prato tifare la squadra del territorio non è facile perché non è mai stata nelle categorie superiori. Il Lecce la sento la squadra del mio cuore praticamente da sempre, colleziono le sue maglie e ho viaggiato per i colori giallorossi. Ho visto due volte San Siro ed ho festeggiato una vittoria all’Artemio Franchi di Firenze, nella stagione di Mario Beretta, vedendo la partita in curva Fiesole, con il giubbotto e sotto la maglia del Lecce. Non potete capire che soddisfazione”

Parlare con lui ti dà la sensazione di avere a che fare con un vero salentino. Ha una passione travolgente, ricorda tutti i giocatori, tutti gli episodi, ogni partita vinta e persa dai giallorossi negli ultimi 20 anni:

“Per la sfida con la Paganese, quella della promozione in Serie B, avrei voluto venire a Lecce. Mi ero informato per un viaggio in pullman ma purtroppo dovevo lavorare il giorno dopo e non ce l’ho fatta. Il Via Del Mare non l’ho mai visto dal vivo, è il mio sogno e spero di realizzarlo presto. Intanto, ora che sono più indipendente, impegni di lavoro permettendo, sto viaggiando in trasferta e nelle prossime settimane seguirò il Lecce a Firenze ed Empoli, sperando di portare fortuna”. 

Innamorato perso di quei colori, Federico c’è stato anche in Serie C. Dalla sua Prato ha seguito il Lecce nel pantano della terza serie italiana e, proprio a quegli anni, è legata la sua delusione sportiva più grandi:

“Non dimenticherò mai le sensazioni dopo Lecce-Carpi. È stato un dolore troppo grande, avremmo dovuto vincere il campionato ed invece abbiamo perso anche la finale playoff. La C è stato un inferno ma ne siamo usciti rafforzati e, se possibile, ancor più tifosi. Ricordo più emozionante? L’anno solare vissuto nel 2004, dal girone di ritorno con Delio Rossi a quello d’andata con Zeman. Il Lecce vinceva sempre, ero sempre con il sorriso a 32 denti. Poi anche la salvezza del 2000-2001, con la doppietta di Vasari. Sembravamo spacciati ma ce l’abbiamo fatta anche quella volta”. 

Federico, come detto, è cresciuto lontano dal Salento ma il Lecce lo ha portato in ogni vittoria della sua vita: 

“Da piccolo tutti mi chiedevano perché tifassi Lecce. Forse è anche per merito di alcuni giocatori. Chevanton è l’idolo di una vita. Poi ci sono Lima, Sesa, Conticchio e Lucarelli. Sono i protagonisti della mia infanzia, i giocatori che da piccolo cercavo di emulare”.

Il protagonista della nostra storia domenica era a San Siro, insieme alla sua ragazza tifosa interista, per vedere la partita tra Inter e Lecce:

“Dispiace per l’atteggiamento ma va bene così. È sempre un’emozione grande vedere quei colori dal vivo. Forse ci avevano viziato un po' troppo in questa stagione. Stiamo facendo cose incredibili ed alcuni giocatori purtroppo dovremo salutarli. Hjulmand è destinato ad un grande club, è immenso. Baschirotto è un esempio, temo che perderemo anche lui e Strefezza. Il brasiliano mi fa impazzire, ha delle movenze da campione”.

Federico ha due sogni. il primo è quello di vedere una partita al Via Del Mare e presto lo realizzerà. Il secondo, invece, pare più complicato: “Vorrei conoscere altri tifosi del Lecce in Toscana. Abbiamo un gruppo whatsapp e siamo una decina, mentre nel mio locale (ha un pub dal nome Squisio Cocktails & Burgers) siamo sempre in tre a vedere le partite del Lecce. Ora, però, uno dei miei amici partirà per Londra e rimarremo in due. Spero che attraverso questa intervista qualche altro tifoso possa farsi vivo e condividere con noi questa passione anche a tanti chilometri di distanza da Lecce”.

Dopo circa un’ora di chiacchierata, tra aneddoti e racconti sul Lecce, chiudiamo la chiamata. Federico ha risposto a tutte le domande e sono pronto a trascrivere la sua storia. Ad un certo, punto, però, mi arriva un suo messaggio vocale: “Scusa Andrea, ma non ti ho detto la cosa più importante di tutte. Vuoi sapere davvero perché tifo il Lecce? Beh, è la cosa che più di tutte mi ricorda la mia infanzia. Sono cresciuto, sono diventato adulto, eppure quando gioca il Lecce ritorno quel bambino che da piccolo sfogliava l’album e si innamorava perdutamente di quei colori. Quando facciamo gol è come se tornassi indietro nel tempo, provo la stessa gioia di quando avevo 8 anni. Questa squadra condiziona le mie giornate e la mia settimana: quando vinciamo sono felice, mentre quando perdiamo non mi si può parlare. È una magia, una inspiegabile magia”.

Ecco, adesso la storia è completa. Federico è nato lontano da qui, ma è uno di noi perché il Lecce lo sento addosso, dentro, intorno a sé. C’è chi non è nato salentino ma lo è diventato per scelta. Come Federico, un toscano innamorato pazzo del Lecce. 

 

 

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