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Introdotte nel 2020 come misura d’emergenza per tutelare i calciatori dopo il caos causato dal Covid, le cinque sostituzioni avrebbero dovuto essere temporanee. Invece sono diventate definitive, adottate stabilmente da FIFA, UEFA e dai principali campionati europei.
Quella che sembrava una piccola innovazione regolamentare si è trasformata in uno dei cambiamenti più radicali del calcio moderno che sta alterando profondamente gli equilibri.

Oggi i dubbi sono molteplici, sollevati da esperti e addetti ai lavori. Guardando i dati e l’andamento delle ultime stagioni, il risultato è chiaro: hanno penalizzato in modo evidente la lotta salvezza.

Intensità, tatticismi, riposo e infortuni

L’effetto più immediato delle cinque sostituzioni è stato l’aumento dell’intensità.
Oggi si corre di più, si scatta di più e si pressa di più. Con cinque giocatori freschi per ogni squadra, la partita resta viva fino al 90’, spesso anche oltre, senza mai quel fisiologico calo atletico che un tempo consentiva spazi, idee, imprevedibilità.

Di fatto il ritmo è cresciuto, ma la qualità no: con meno tempo per pensare e meno spazio per giocare, la bella giocata di qualità diventa sempre più rara. Le partite si spostano sul piano fisico, fatto di duelli e ritmo sfrenato, creando un paradosso: la gara è più veloce, ma più brutta.

Inoltre, se chi subentra porta in campo un ritmo altissimo, chi resta in campo deve adeguarsi con uno sforzo maggiore nei minuti in cui la stanchezza è già al limite. Non a caso, negli ultimi anni la crescita degli infortuni muscolari è stata costante.

Il vantaggio delle big: le piccole schiacciate

La vera ingiustizia delle cinque sostituzioni riguarda lo stravolgimento degli equilibri nei campionati: le big possono permettersi di inserire in campo panchine da decine di milioni, mentre le piccole no.

Negli ultimi 20–25 minuti la differenza diventa sempre più marcata: entrano esterni freschi, giocatori offensivi di alto livello, mezzali di corsa, e le piccole rispondono con seconde linee spesso fuori dalle rotazioni. Ne nasce un finale monodirezionale: pressione costante, assedio, serie infinita di palle inattive. La partita che prima poteva restare equilibrata, si spacca, poiché la differenza fisica e tecnica è troppo ampia.

Negli ultimi anni è diventato sempre più raro che una piccola strappi punti a una grande. 

La quota salvezza ne è un indicatore chiarissimo: nel 2019/20 il Lecce è retrocesso con 35 punti, ma 39 non sarebbero bastati per superare il Genoa. Quella fu l'ultima stagione senza la modifica alle sostituzioni. Da lì in poi, con la media dei 32-33 punti, ti salvi quasi sempre. Meno vittorie, più pareggi, partite più bloccate e meno spettacolo.

Il caso Premier League

In Inghilterra, dove l’intensità è ancora più alta, il fenomeno è più evidente: nelle ultime due stagioni tutte le neopromosse sono retrocesse immediatamente, con largo distacco dalla quart'ultima in classifica e lotta salvezza già virtualmente decisa a febbraio.
Non riescono a reggere 90 minuti contro squadre che, con cinque sostituzioni, riescono a mantenere una velocità insostenibile.

Come gestisce i cambi Di Francesco?

C'è un dato curioso che accomuna la scelta delle sostituzioni di Di Francesco: il Lecce ha vinto le uniche due gare in cui il tecnico non ha effettuato tutte la 5 sostituzioni, massimo quattro di cui, sia a Firenze che a Parma, le due ultime sono arrivate a un minuto dal 90'. I 3 punti in campionato sono arrivati quando l'assetto tattico iniziale è rimasto quasi interamente invariato per tutta la gara. 

Purtroppo però, nei club che lottano per la salvezza, la gestione dei cambi avviene in modo sistematico: rinfrescare gli esterni per non perdere metri nella pressione, inserire mezz'ali di corsa nell'ultimo quarto quando l’intensità aumenta, cambiare la punta per avere qualcuno che può pressare o ripartire e gestire gli ammoniti per non correre rischi nel finale.

In un calcio dove le big dominano negli ultimi 15 minuti con rotazioni di livello, una squadra come il Lecce non può permettersi di arrivare stanca al finale.

Le parole di Gasperini

Per chiudere citiamo le parole di Gian Piero Gasperini, uno degli allenatori migliori d’Europa negli ultimi anni, che ha rilasciato delle dichiarazioni a riguardo nella conferenza pre Milan-Roma di due settimane fa, autoesplicative:

Uso sempre le 5 sostituzioni anche se non mi piacciono. È un calcio diverso.
Non c’è più il calo finale, prima le partite erano più belle e dovevi saper stare nei 90’. Ora sembra basket. Ma pur non piacendomi, le uso sempre tutte.

Lo conferma: non è una scelta tecnica, è un obbligo tattico, e se non usi i 5 cambi, vieni travolto.

 

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