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C’è chi lascia un’impronta con le parole. E poi c’è chi, come Sandro Mencucci, l’impronta la lascia con lo stile, la competenza e quel pizzico di fortuna che non guasta mai. Firenze non dimentica. E neppure l’Inghilterra. Né tanto meno il Salento, dove oggi il dirigente toscano continua a scrivere pagine importanti di calcio, sotto l’ala vigile del presidente Saverio Sticchi Damiani.

Nato sotto il segno del Cancro, Mencucci è il dirigente dal cuore grande, abituato a lavorare nell’ombra con il profilo basso e la concretezza di chi ha fatto della modestia una virtù. «Da consulente ho vissuto la promozione dalla Serie B, poi da amministratore delegato due conferme in Serie A. Per questo sono stato davvero fortunato», raccontava in un’intervista. Ma dietro quella dichiarazione si nasconde un curriculum che parla da sé, un percorso di solidità dirigenziale e amore per il pallone, iniziato tra le mura storiche della Fiorentina.

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Da Firenze al Leeds: il calcio, ma con stile

La sua figura è legata a doppio filo alla rinascita della Viola nel post-fallimento. Un uomo che ha visto passare giocatori, allenatori e sogni sotto la tribuna del Franchi, sempre mantenendo lo stesso sguardo lucido e affilato. Poi la parentesi internazionale con il Leeds United, in Inghilterra, dove Mencucci ha portato una ventata di italianità manageriale: eleganza, serietà e cura del dettaglio. Un'esperienza che ha consolidato la sua fama di manager preparato, capace di muoversi tra continenti e culture calcistiche diverse con naturalezza.

Lecce, Corvino e la nuova sfida

Il suo arrivo a Lecce, come dirigente di punta del club giallorosso, è uno di quei colpi silenziosi ma pesanti. Un'operazione che porta la firma di Sticchi Damiani, ma che ha forse visto anche lo zampino di Pantaleo Corvino, che con Mencucci aveva condiviso dieci anni a Firenze. “Contiamo di tenere alto l’orgoglio del Salento, in una stagione importante sotto tutti i punti di vista, con uno stadio sempre più all’altezza dei ruoli e con un Centro sportivo di proprietà sul quale lavorare per un grande futuro”, ha dichiarato Mencucci di recente. Visione e concretezza, ancora una volta.

Selfie amarcord: Mencucci e Super Mario

Ma l’anima del dirigente toscano resta legata alla Fiorentina. Lo dimostra un selfie pubblicato nelle scorse ore sui social, che ha subito fatto il giro tra i tifosi viola: Mencucci con Mario Gomez, il “Super Mario” che infiammò Firenze per una breve, intensissima stagione.

Fu l’estate dell’euforia. Gomez, centravanti titolare del Bayern Monaco campione d’Europa e dallo sguardo da divo, atterrava a Firenze tra cori, bandiere e 25mila cuori in delirio. Un’accoglienza da rockstar, degna di chi aveva segnato 75 gol in 115 presenze in Bundesliga, con il Real Madrid alle porte e la Viola che riuscì a strapparlo al mercato con uno sforzo da top club. Gomez arrivò con la compagna, il sorriso smagliante e la promessa di riportare Firenze in Europa.

Poi il buio. In un Fiorentina-Cagliari apparentemente normale, il ginocchio fece crack. Lesione parziale al legamento, stop previsto di otto settimane. Che diventarono dieci, poi dodici. Una fastidiosa infiammazione al tendine della “zampa d’oca” — nome curioso e quasi beffardo — lo fermò per cinque lunghissimi mesi. L’attesa si trasformò in rimpianto.

Eppure, a distanza di anni, l’abbraccio tra Mencucci e Gomez racconta altro. Racconta di un’epoca in cui Firenze sognava in grande. “Bei tempi! Sempre una grande persona”, scrive Mencucci. E non è nostalgia da social. È la memoria di un calcio vissuto con passione vera, con i piedi piantati nella realtà e lo sguardo oltre la linea dell’orizzonte.

Dirigente d’altri tempi

Mencucci oggi è tra i volti più apprezzati dietro le quinte del calcio italiano. Non fa rumore, non cerca riflettori, ma costruisce. Dal Franchi al Via del Mare, da Firenze a Leeds, porta con sé uno stile inconfondibile: quello di chi sa che il calcio è fatto di uomini, relazioni, progetti e, ogni tanto, anche di bei ricordi da condividere con un selfie e un sorriso sincero.

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