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Se questa fosse una pagella canonica ora ci sarebbe scritto “ CORINI voto… ” con accanto una breve motivazione in merito alla valutazione. Ma questa non è una canonica pagella. O meglio, è una pagella, che però merita un'analisi più accurata e approfondita, alla luce dell'epilogo della stagione e delle scelte societarie degli scorsi giorni. 

Partiamo dal voto. Eugenio Corini merita un 6. Una sufficienza piena, malgrado l’esonero. Con tanto rammarico peraltro, poiché, per come si erano messe le cose appena un mese e mezzo fa, il voto poteva essere ancor più alto e ancor più tondo. Per spiegare la valutazione dietro l’operato del tecnico bresciano è tuttavia opportuno andare per gradi ripercorrendo una lunga e tortuosa annata.

ANDAMENTO ALTALENANTE

La stagione della squadra giallorossa è composta da tante piccole stagioni, tanti microsettori, ognuno con un proprio inizio e una fine, facilmente individuabili nel corso dell’annata.

Il Lecce di inizio campionato è un cantiere a cielo aperto. Corini, come annunciato nella conferenza stampa di presentazione, impronta la squadra sul 4-3-3 , modulo sul quale lavora in estate e che propone nelle prime uscite di campionato. I risultati, tuttavia, non sono soddisfacenti. Dopo la sconfitta per 3-0 sul campo del Brescia, la settimana successiva cambia modulo, schierando per la prima volta il Lecce con il 4-3-1-2 contro la Cremonese. Dopo due pareggi di assestamento, la squadra inizia a ingranare e infila quattro vittorie consecutive. Corini trova la quadra con un centrocampo molto offensivo, che vede Henderson e Paganini ai fianchi di Tachtsidis, e Mancosu alle spalle della coppia di arieti composta da Coda e Stepinski. Gli avversari, però, iniziano a prendere le contromisure: la squadra appare troppo sbilanciata, il centrocampo fa poco filtro e la verve offensiva cala, così come il rendimento. Dopo i pareggi con Venezia e Frosinone arriva il primo momento di rottura del campionato: Corini contrae il covid ed è costretto per circa 20 giorni a restare lontano dalla sua squadra. In questo lasso temporale, il Lecce vince una sola partita su cinque, superando in rimonta il Vicenza al Via del Mare. Le difficoltà della squadra sono evidenti e altrettanto evidentemente legate all’assenza forzata del suo tecnico. A gennaio Corini guarisce, rientra contro il Monza, e il Lecce pareggia in casa 0-0 contro la squadra di Brocchi. Un altro momento chiave della stagione arriva il 24 gennaio: il Lecce sta perdendo 0-2 contro l’Empoli. Sta perdendo piuttosto male, a dire il vero, essendo per oltre un’ora in totale balìa dell’avversario. Poi Corini pesca il coniglio dal cilindro: con una lucida e al tempo stesso disperata mossa inserisce dalla panchina i ragazzini terribili, ovvero Gallo, Bjorkengren, Listkowski, Hjulmand e Rodriguez. I giovani danno la scossa e il Lecce riacciuffa il 2-2, rischiando anche di vincere sul finale di gara. È un altro momento di svolta del campionato. Si ribaltano le gerarchie della squadra, con i giovani che conquistano la titolarità sul campo. Non mancano, però, alcuni passaggi a vuoto: su tutti, i due pareggi contro Pescara e Virtus Entella. Malgrado i risultati non arrivino, tuttavia, Corini crede fermamente nel suo gruppo, vede qualcosa di importante che sta nascendo e il campo inizia a dargli ragione. Fra marzo e aprile, infatti, il Lecce infila sei vittorie consecutive e si porta al secondo posto della classifica, malgrado poi sciogliersi sul più bello, quando c’era da dare la zampata finale al campionato.

CARATTERE

I diamanti, si sa, si creano sotto pressione. Il Lecce, nel momento clou del campionato, invece, mette in mostra le sue debolezze: la squadra giallorossa non è un diamante, e sotto la pressione delle sfide decisive implodono clamorosamente su sé stessa . L'impressione è che i giallorossi siano rimasti una buona squadra e hanno mancato lo step di crescita in squadra vincente per una carenza nella forza mentale, che permette di fare la differenza nei momenti decisivi della stagione. Corini poteva fare qualcosa per permettere alla squadra di quest'ultimo e decisivo scalino? Sì, no, forse. La verità è che fra vincere e perdere non passa un'autostrada ma una linea molto, molto sottile. E in questa linea ci sono tante componenti, che devono incastonarsi per portare una squadra al successo. Per vincere è necessario che i pianeti si allineino e che tutte queste componenti si innestino al posto giusto. Servono forza atletica (e al Lecce non è mancata, la semifinale di ritorno playoff col Venezia ne è la dimostrazione), lucidità, bravura nel leggere i momenti della partita e anche la fortuna. Non c’è squadra che raggiunge un obiettivo, dalla salvezza in seconda categoria fino alla vittoria della Champions League, senza un pizzico di fortuna. E nel conto delle componenti che sono mancate al Lecce di Corini sul finale di campionato c’è anche la buona sorte. 

LE RESPONSABILITA’ DI CORINI

Col senno di poi, al tecnico ex Brescia appare imputabile una gestione delle risorse a disposizione non ottimale. Si prenda l'esempio di Panagiotis Tachtsidis. Un giocatore come lui, se ben amministrato, è in grado di far fare il salto di qualità alla squadra. Il regista greco, invece, dall'arrivo di Hjulmand è stato eccessivamente messo in disparte, malgrado ottime prestazioni (migliore in campo nelle partite del girone di ritorno con Frosinone e Salernitana, ad esempio, e riposto in panchina nelle seguenti sfide). Un giocatore come lui, e nella semifinale di ritorno si è visto, avrebbe potuto aiutare nei momenti decisivi del campionato, per il temperamento con cui approccia le sfide decisive.

Il rammarico più grande per Corini, però, è probabilmente quello di non essere riuscito a svegliare la sua squadra dal torpore nei momenti di difficoltà, sul finale di campionato. La partita della svolta, in tal senso, è stata la sconfitta contro il Cittadella. Una debacle mortifera, che ha spazzato via le certezze costruite in mesi di duro lavoro, facendo subentrare la paura nella squadra giallorossa. Ecco, forse in quel momento il tecnico lombardo non ha saputo trasmettere quella dose di lucidità utile per non far insinuare quella delusione e quel senso di smarrimento che hanno poi pervaso la formazione salentina nello scorcio finale del torneo. 

I MERITI DI CORINI

Sotto alcuni aspetti, però, bisogna togliersi il cappello dinanzi alla gestione Corini.Soprattutto per il lavoro svolto sui giovani. I vari Gallo, Bjorkengren, Hjulmand, Rodriguez sono stati gettati nella mischia al momento giusto e su di loro il tecnico ha saputo compiere un lavoro sicuro, aiutandoli nella crescita dal punto di vista tecnico e tattico. Ha sopperito all'assenza di Mancosu cucendo addosso a Henderson il ruolo di trequartista, lavorando e scommettendo sulle qualità del ragazzo, con lavori personalizzati mirati a migliorarne l'incisività negli ultimi trenta metri. Se il Lecce il prossimo anno ripartirà da basi solide sarà anche merito del lavoro svolto su questi ragazzi quest'anno da Corini. Il tecnico ex Brescia ha dovuto superare una bufera di mal di pancia, di giocatori rimasti controvoglia, ha dovuto sbrogliare grane come quella di Pettinari, che dall'essere ai margini del progetto è stato trasformato, su intuizione dello stesso Corini, nell'elemento maggiormente decisivo del girone di ritorno. Fattori non da poco, nell'economia di una stagione.

Per tutti questi motivi, fra responsabilità e meriti, Corini merita un 6. La scorsa estate era la scelta migliore all'alba del nuovo campionato di serie B, nel corso della stagione ha saputo dimostrarsi un signore dal punto di vista umano e un fine conoscitore di calcio dal punto di vista tecnico . Sbaglia, e di grosso, chi dice che il Lecce di Corini “non aveva gioco”. Sbaglia innanzitutto concettualmente (cosa significa avere gioco?) E sbaglia anche nella pratica. I codici di gioco del Lecce, in entrambi le fasi, sono facilmente riconoscibili agli occhi di chi sa osservare. Semmai, si può dire che il Lecce di Corini è  stato apprezzato troppo poco e troppo a sprazzi, nel corso dell'anno. Se il Lecce di Corini avesse trovato maggiore continuità, è possibile affermare con ragionevole certezza, infatti, che l'epilogo del campionato sarebbe stato ben diverso.

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