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La "settimana perfetta" è finita e dopo la splendida vittoria ottenuta a Bergamo contro l'Atalanta, il Lecce si ferma in casa in un altro scontro diretto, stavolta contro il Sassuolo. Prima di fare qualsiasi analisi bisogna premettere che i giallorossi, in serie A, possono perdere contro chiunque (anche vincere però), sia in casa che fuori ed il lavoro fatto finora rasenta la perfezione se si considera da dove si è partiti. 

Contro gli emiliani sembrava la classica partita che sarebbe potuta durare due giorni ma Hjulmand ed i suoi non sarebbero riusciti non solo a segnare ma addirittura ad inquadrare lo specchio della porta difesa dall'inoperoso Consigli. Ci sono partite che vanno così e pensandoci bene non c'è poi molto da poter recriminare.

Baroni ridà fiducia agli undici che avevano vinto a Bergamo, sacrifica Gonzalez per fare spazio all'ottimo Maleh, sostituisce lo squalificato Di Francesco con Strefezza, conferma Assan al centro dell'attacco e, probabilmente, non fidandosi appieno del recupero di Umtiti gli preferisce Tuia. 

Il Lecce appare subito volenteroso ma non "indemoniato" come dovrebbe essere sempre, la squadra pur tenendo bene il campo un po' si "specchia" e questo lo testimoniano i vari tiri da posizione favorevole spediti in curva ed i traversoni sempre fuori misura, a scavalcare completamente l'area avversaria, impedendo così ai generosi che seguivano l'azione di poter almeno duellare per colpire di testa la sfera.

Banda e Ceesay hanno creato scompiglio tra le linee di difesa ospite, soprattutto il secondo ha fatto innervosire i centrali neroverdi perché è riuscito ad arrivare spesso per primo sul pallone, a difenderlo finché gli avversari non sono stati costretti in più occasioni a ricorrere alle maniere forti. Peccato che il direttore di gara avesse deciso per una direzione "permissiva". Banda invece, più di Strefezza spesso raddoppiato, ha puntato l'uomo in varie occasioni, è riuscito ad ottenere il fondo ma spesso l'ultima giocata o l'ultimo tocco non sono stati all'altezza. Tutto sommato il risultato di parità rispecchiava onestamente ciò che si vedeva in campo. 

Nella seconda frazione di gioco Baroni ha deciso in tutta fretta di effettuare due sostituzioni: Ouden per Banda (ammonito) e Colombo per Ceesay. Oudin non ha fatto rimpiangere lo zambiano, invece Colombo non è riuscito ad entrare proprio in partita ed il Lecce man mano che passavano i minuti si è accorto che giocava con un uomo in meno. In ogni caso il confronto, seppur combattuto, si era incanalato sui binari della parità finché Baroni (l'arbitro) ha deciso di fischiare una punizione letteralmente inventata a favore del Sassuolo per un presunto ed inesistente fallo di Strefezza che aveva rubato palla. Da lì è scaturito l'angolo e dal calcio dalla bandierina il rocambolesco gol degli uomini di Dionisi. 

Il Lecce avrebbe potuto pareggiare, sicuramente con Strefezza, lo avrebbe meritato. Ma dicevamo prima sono le classiche gare in cui segnare sembra più difficile di qualsiasi altra cosa. Il Lecce ha perso e come sempre quando accade le responsabilità sono di tutti: dai ragazzi fino all'allenatore. I primi sono stati inconsciamente non "indemoniati" come invece dev'essere il Lecce in questa categoria se vuole avere la meglio su avversari più quotati; il secondo ha finito la partita effettuando quattro sostituzioni e non si è posto il dubbio se negli ultimi cinque minuti più recupero non sarebbe stato il caso di inserire un altro elemento fresco, magari Persson.

Fatto sta che questa sconfitta è ingenerosa, il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto. Il Lecce domenica alle 18:30 è atteso ad un confronto improbo a Milano contro l'Inter. Baroni dovrà fare a meno di Baschirotto che verrà squalificato dopo l'ammonizione (inventata anche questa dal direttore di gara) ai suoi danni e avrà una settimana di lavoro intensa per cercare di preparare al.meglio la prossima, diventata improvvisamente una partita da non dover fallire. Il campionato è ancora lunghissimo e troppe sconfitte potrebbero minare le certezze di questo gruppo giovanissimo.

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