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Riavvolgiamo per un attimo il nastro. 20 maggio 2021. Marco Mancosu calcia alle stelle il calcio di rigore contro il Venezia ed il Lecce perde le speranze di promozione in Serie A, lasciando ai lagunari la possibilità di disputare la finale contro il Cittadella.

Se quella sera a Saverio Sticchi Damiani qualcuno avesse raccontato il futuro, i due che anni che poi abbiamo effettivamente vissuto, probabilmente il presidente del Lecce non ci avrebbe creduto. 

Quel penalty calciato alto paradossalmente ha rappresentato l’inizio, il momento di svolta, quello decisivo per cambiare le sorti del gioco e forse il destino di questo club.

Il numero uno giallorosso, a dir la verità, il futuro lo avrebbe immaginato esattamente così: promozione in Serie A e salvezza nell’anno successivo, quello più difficile da vivere per una neopromossa. Eppure, lo sappiamo, il calcio, come la vita, sa essere crudele e difficilmente si materializza ciò che vogliamo o speriamo.

Lo scorso anno l’annata è stata perfetta, divertente, coinvolgente ed ha alimentato un entusiasmo travolgente, tramutatosi poi nei 20000 abbonamenti sottoscritti dal popolo giallorosso in questa stagione, un’ondata d’affetto che da questi parti non si era mai vista, quantomeno non così calorosa.

Nonostante questo, però, c’è stato un momento in cui abbiamo avuto paura. Paura del domani, paura che una mancata promozione avrebbe potuto ridimensionare il progetto tecnico, paura che tutte le ambizioni rimanessero nei cassetti insieme a sogni e speranze. È accaduto quando Renè De Picciotto ha apertamente deciso di defilarsi, di non voler far più parte di questo progetto, di non voler più investire in questa società, che più che una società sembra una famiglia, nella quale ognuno concede tutto sé stesso per il bene comune.

Saverio Sticchi Damiani in quel momento si è assunto una responsabilità forte, da vero condottiero ma soprattutto da imprenditore tifoso pazzo di due colori, una maglia, un territorio. Ha acquistato le quote dell’italo svizzero e garantito solidità al club, grazie ad un lavoro certosino per mettere tutti i conti a posto ed evitare che la parola debiti venisse accostata alla nostra squadra del cuore.

Ha visto quello che altri non sono stati in grado di vedere. Ha scommesso e vinto insieme ad uno staff composto da uomini veri, ha cementato il gruppo e lo ha unito nei momenti di difficoltà, quelli nei quali si affonda senza uno spogliatoio unito ed una dirigenza presente.

Oggi non vogliamo celebrare il professionista, non avremmo le competenze per farlo, ma il presidente del Lecce, l’uomo, il tifoso. Il club salentino rappresenta una vera eccezione nel panorama calcistico nazionale con una società composta per lo più da soci del territorio, uomini e donne fedeli a valori ed ideali figli della realtà nella quale sono cresciuti ed alla quale hanno deciso di regalare una società di calcio modello, da invidiare e copiare.

Ringraziare sarebbe il minimo e risulterebbe perfino banale. Possiamo solo gioire per questi risultati, essere fieri di chi ci rappresenta e augurare loro di mantenere intatta questa passione e questa voglia, il vero motore dei risultati vincenti di questi anni.

La salvezza è solo l’inizio ed il rigore di Colombo, l’ennesimo decisivo tiro dagli 11 metri, ha chiuso un cerchio rimasto aperto per due lunghi anni. Ora ci sono tutte le componenti per allargare l’orizzonte dei nostri sogni: ci sono dirigenti ambiziosi, un gruppo di calciatori di proprietà ed un presidente che non dorme la notte per rendere sempre più grande il vostro, il nostro, il suo Lecce.

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