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Provate a visitare il centro storico di Lecce in questi giorni. Troverete la città piena di turisti. Italiani, stranieri, persone da ogni parte del mondo che hanno scelto il capoluogo salentino per vivere qualche giorno tra sole, mare e cibo buono.

Tutte hanno la testa rivolta verso l’alto. Ad ammirare le bellezze di una città che più che una città pare una bomboniera. Piena zeppa di storia, arte, cultura.
A testa alta. È anche il titolo che ho scelto per un editoriale che non vuole solo celebrare la salvezza del Lecce, ma anche un modo di vivere e approcciarsi alla vita.

A testa alta perché questa società, questa squadra e questo territorio hanno conquistato la salvezza esattamente così. Senza l’aiuto di nessuno, con le proprie forze, risorse, possibilità. Lo abbiamo fatto insieme, attraversando la tempesta con una sciarpa al collo ed un amore incondizionato verso quei colori, una passione che a volte ci ha reso meno lucidi ma mai distanti, irrazionali ma mai lontani, perché potrà succedere qualunque cosa ma questa maglia non viaggerà mai da sola.

A testa alta perché abbiamo sentito le risatine di chi ad agosto ci dava per spacciati ed a febbraio già praticamente salvi. Di chi non conosce la nostra storia e non sa che il ruolo di protagonisti non c’è mai piaciuto. Il Lecce è il Lecce perché regala emozioni quando meno te lo aspetti e cocenti delusioni quando invece è chiamato a fare quel salto di qualità che, in 115 anni di storia, non siamo mai stati capaci di compiere. 

Lo sapevamo che saremmo dovuti arrivare in fondo. Ne eravamo consapevoli anche se in cuor nostro, ad un certo punto, abbiamo persino pensato che in questa stagione la salvezza sarebbe arrivata in anticipo.
Trovatemi un popolo che contesta tutto e tutti ma poi si presenta in massa ovunque. Trovatemi una tifoseria che critica spesso in modo distruttivo ma poi riempie tutti i settori ospiti d’Italia, con gente che viene da ogni dove e si ritrova in una città qualunque, sentendosi per un attimo a casa soltanto grazie a quei colori che profumano di Salento.

È stata la salvezza di un territorio che ha potenzialità enormi e forse ancora non lo sa. 
È stata la salvezza di una società che ha saputo rischiare, programmare, provare anche quando l’impresa sembrava assolutamente impossibile. 
È stata la salvezza di una banda di ragazzi che ha dato tutto per questa maglia, soprattutto quando le gambe tremavano e gli avversari sembravano essere più pronti. 
È stata la salvezza di un uomo che in Serie A la salvezza non l’aveva mai conquistata. Ha scommesso sul suo staff, sul suo lavoro e sulle sue competenze ed ha vinto, ottenendo due risultati incredibili in due anni, sempre da sfavorito ma con una voglia enorme. 

Di quanto ottenuto ieri ce ne renderemo conto con il tempo. Adesso è tempo di festeggiare, di abbracciare i propri cari e di piangere di gioia con loro. Il Lecce unisce, il Lecce regala emozioni, il Lecce ci fa sentire vivi, il Lecce è qualcosa che può diventare magico e che, cara Nord, magico lo è diventato per davvero.

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