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“Fare impresa al Sud non è più difficile o più facile. Non voglio sentire scuse in merito. Ai miei ragazzi dico sempre che bisogna andare più forti perché qui ci sono parecchie salite. Mi piace l’adrenalina che avverti nel corpo quando sei sfavorito, quando hai meno possibilità degli altri ma alla fine ce la fai. Sto parlando della mia azienda ma potrei parlare del Lecce, abbiamo molte cose in comune e la sponsorizzazione nasce proprio da una visione simile del presente e del futuro”

Alberto Paglialunga, CEO e Fondatore di Deghi, ha parlato così ai nostri microfoni. Lo abbiamo intervistato per capire le sue emozioni da main sponsor dell’Unione Sportiva Lecce, la "squadra del suo cuore”.

"A tutti quelli che mi chiedono perché tifo Lecce, rispondo con molta semplicità: Perché sono nato a Lecce”. È stata una passione che mi ha tramandato mio padre, con il quale andavo spesso allo stadio. Erano tempi in cui da bambino potevi infilarti e non pagare il biglietto, non c’erano mica i tornelli come adesso”.

Il Lecce è un affare di famiglia, che Alberto vive da tifoso normale e che ha già voglia di trasmettere al suo piccolo di 3 anni. Certo, vedere il nome della propria azienda sulla maglia della propria squadra non è cosa di tutti i giorni

“Noi siamo entrati a dicembre dello scorso anno, ho sempre pensato che bisogna aiutare le società sportive e soprattutto quella del nostro territorio e del nostro cuore. Mettere il logo sulla maglia del Lecce, oltre ad un discorso visibilità, è una grandissima soddisfazione. Abbiamo fatto una scelta oculata, con un contratto quinquennale. Nel calcio contratti così lunghi non si vedono mai. Mi ritengo un uomo molto fortunato. Ho vissuto 14 anni fantastici, bellissimi, probabilmente irripetibili. Ci sono, però, giorni che non dimentichi, che entrano di diritto nei giorni da ricordare e segnare in rosso sul calendario. Di sicuro quando ho visto la maglia con la scritta della nostra azienda mi ha travolto una forte emozione. Ho visto tutti i sacrifici compiuti e si è chiuso un cerchio con la mia precedente esperienza nel calcio. Prima avevo una squadra, ma il lavoro non mi ha consentito di andare avanti. Mi sono reso conto di non poter dare tutto per quell’esperienza, ma ora mi sembra davvero di aver vissuto un ciclo incredibile. Poi anche vedere la Primavera che vince lo scudetto sul nostro impianto, che tanto abbiamo fatto per rendere all’altezza, mi riempie di orgoglio. Sai, quando ho visto la maglietta ho pensato: ‘Andiamo a battagliare su ogni campo, partendo da ultimi, contro tutti’. Ce la giocheremo con tutti”.

Il percorso di Deghi è molto simile alla strada intrapresa dal Lecce. Piccole realtà che si fanno spazio tra i colossi e che riescono anche a togliersi diverse soddisfazioni, pur non avendo, per adesso, la stessa forza economica dei competitor da una parte e degli avversari dall’altra 

“Ho avuto la possibilità di vedere Lecce-Milan da bordo campo. In quelle occasioni ti rendi conto di quanta differenza ci sia. L’organizzazione tra i due club era, per forza di cose, differente. Eppure ce la siamo giocata, avremmo addirittura meritato i tre punti, però poi ci sta avere paura di vincere e alla fine cercare di strappare almeno il pari. Realtà come le nostre, parlo della mia azienda ma anche del Lecce, non devono mai vivere troppo le pressioni, le responsabilità, si devono godere il momento. Se vedi i bilanci degli altri ti chiedi cosa ci facciamo lì in mezzo. Io una spiegazione me la sono data: oltre alla passione ed alla dedizione che ci mettiamo, secondo me la differenza la fa il materiale umano che abbiamo. Io questa sponsorizzazione la dedico ai miei lavoratori, oggi con 40 gradi non ho nessuno dei miei ragazzi a casa. Sono tutti a lavorare, per alzare l’asticella, per salire di livello, tutti insieme". 

Lo ha detto all’inizio Alberto, ma lo ribadisce anche nel corso della nostra chiacchierata. Lui aveva l’obiettivo di fare qualcosa di importante a casa sua, al di là delle difficoltà geografiche: 

"Noi abbiamo difficoltà logistiche, è evidente. Anche in questo caso parlo sia del Lecce che per noi. La società giallorossa deve organizzare tutti i viaggi in trasferta, mentre alcune squadre del Nord, ad esempio, possono spostarsi anche in pullman. Lo stesso discorso vale per la mia azienda, quando spediamo la merce in tutta Italia. Potremmo aprire un polo logistico al centro nord ma poi penso che in questi anni ce l’abbiamo sempre fatta così ed allora capisco che la forza di tutto è rappresentata dalla gente che lavora con me, lo facciamo tutti insieme da tanto tempo e non cambieremo”.

Durante l’intervista Alberto ha un desiderio: non vuole che si strumentalizzi il suo essere tifoso. Lo era prima della sponsorizzazione e lo sarà anche in futuro, perché il Lecce ha sempre fatto parte della sua vita.  

“Non devo dimostrare niente a nessuno. Sono tifoso del Lecce da sempre ed amo il calcio. Sono molto scaramantico e onestamente non amo vedere le partire con troppa gente, preferisco le solite persone. Mi appassiona il gioco, le tattiche, parlare con gli allenatori per cercare di capirne sempre di più. Andare allo stadio è sempre un grande piacere, lì dentro si annullano le differenze sociali e ritorniamo tutti bambini appassionati di quei colori. In passato ho vissuto diverse trasferte, adesso è più complicato perché ho un bambino piccolo ed il weekend lo dedico a lui, ma appena crescerà un altro po' partiremo insieme". 

Alla fine della nostra chiacchierata si lascia andare anche ai ricordi, svelandoci allenatore e giocatori che lo hanno emozionato in questi anni:

“Allenatore preferito? Dico Zeman senza nessun dubbio. Per me quello è il calcio, 4-3-3, offensivo. Ricordo un Messina-Lecce, li distruggemmo, fu uno spettacolo. È stato il calcio più bello e divertente visto a Lecce, il suo limite forse è stato quello di non riuscire a trovare un compromesso. Come calciatori, invece, dico innanzitutto Chevanton, perché è arrivato nello scetticismo totale, ricordo che vedevamo i video a Corner senza conoscerlo, e poi ha conquistato tutti. Quel gol immediato al Parma ci fece capire che avremmo visto un giocatore diverso. Un altro giocatore che ho amato è stato Cimirotic. Senza tutti quei problemi fisici avrebbe regalato tante gioie. Ho ancora negli occhi un’azione incredibile contro l’Udinese. Lo scorso anno, infine, mi hanno colpito Umtiti, un giocatore di grande personalità, e Blin, un guerriero infaticabile ed una grandissima persona”. 

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