Coronavirus, ecco cosa riaprirà dopo Pasqua
L'Italia rimarrà in lockdown almeno fino al 3 maggio. Dopo giorni di riflessione, il governo sceglie la linea di massima cautela e si appresta a rinnovare con un nuovo provvedimento tutte le misure di contenimento e le limitazioni agli spostamenti per altri 20 giorni concedendo solo aperture 'mirate' per qualche attività produttiva. Non solo: con una circolare il Viminale rafforza i controlli per Pasqua, chiedendo alle forze di polizia una particolare attenzione per evitare che gli italiani si riversino nelle seconde case. Gli appelli di Confindustria a far ripartire l'economia affinché l'attuale recessione "non diventi depressione" per il Paese, la 'spinta' di parte della stessa maggioranza - con Italia Viva a fare da capofila - e l'andamento positivo dei dati non sono stati dunque sufficienti per convincere il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a riaprire il paese. "Al momento non siamo nelle condizioni di riaprire le attività produttive perché rischieremmo di far risalire la curva dei contagi e di vanificare i risultati ottenuti", ha spiegato durante la videoconferenza con Regioni, Anci e Upi sottolineando che l'apertura a fine aprile avrebbe rappresentato un incentivo al movimento dei cittadini visti i due ponti in arrivo, il 25 aprile e il 1 maggio.
Cosa riaprirà
Dopo Pasqua a riaprire saranno quindi davvero in pochi: piccole attività legate alla filiera alimentare e sanitarie, qualche azienda meccanica, forse cartolibrerie e librerie. E questo nonostante i numeri siano incoraggianti da quasi una settimana: le terapie intensive scendono per il sesto giorno consecutivo e fanno registrare 99 pazienti in meno rispetto a ieri mentre i ricoveri negli ospedali mantengono il segno meno ormai da 5 giorni. Oggi sono 28.399 le persone ricoverate, 86 in meno rispetto a mercoledì su un totale di 96.877 malati. Significa che il sistema sanitario si sta alleggerendo, soprattutto in Lombardia, la regione più martoriata che ha il triste primato di oltre 10mila morti - più del 50% del totale - e un terzo dei malati in terapia intensiva. Ma sulla decisione del governo ha pesato anche un altro aspetto.
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