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Oggi ci siamo chiesti il perché i giocatori della Ternana, prossima avversaria del Lecce di Baroni nella sfida di domani sera al Liberati, vengano soprannominati “Le Fere”, termine che nel dialetto locale significa “belva” o “bestia” e rimanda, in ogni caso, a qualcosa di animalesco.

Innanzitutto abbiamo scoperto che il simbolo societario, adottato da sempre dalla Ternana, è la figura mitologica della Viverna, identificata nell'araldica locale anche come il Drago Thyrus. La prima è una creatura leggendaria, rappresentata come un rettile alato bipede, simile al drago della tradizione europea, dal quale differisce per la parte posteriore simile a un serpente con la coda uncinata.

Detto questo il termine Fere, seconda la tradziione popolare, risale alla stagione 1963-1964, annata nella quale la Ternana ha finalmente raggiunto la promozione in Serie C, vincendo l’ultima giornata contro lo Jesina, grazie alla competenza del mister Riccardo Carapellese ed alla forza di Sergio Tonini, attaccante e bomber di quella squadra, che proprio in quella stagione era soprannominato la Fera a causa del suo ardore agonistico in campo. 

Da quel momento in poi, insomma, tutti i giocatori hanno acquisito questo appellativo una volta firmato il contratto con la società rossoverde ed anche i tifosi hanno iniziato ad intonare cori che avevano le Fere come assolute protagoniste.

A Terni, quindi, ciò che si chiede non è vincere le partite a tutti i costi ma scendere in campo come vere e proprie belve, nel senso buono del termine ovviamente, per mordere le caviglie degli avversari e dare tutto per quella maglia. 

Il Lecce, quindi, dovrà fare attenzione alla carica agonistica dei suoi avversari per portare a casa un successo fondamentale per la sua classifica. I giallorossi fanno sul serio, le Fere sono avvisate. 

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