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Pantaleo Corvino è stato intervistato dal Corriere del Mezzogiorno.

Cosa l'ha spinta a tornare a Lecce?
“È stata una media scelta, l'unico stimolo per dare sfogo alla mia passione, è stata la gran voglia di fare qualcosa per il mio territorio. Vedere dopo solo 2 anni e mezzo la prima squadra in A con 27 punti e la Primavera prima, lì dove le avevo lasciate, mi fa capire che l'impegno e la passione sono stati ripagati anche con i risultati”.

Si aspettava questi risultati?
“L'obiettivo era riportare il Lecce dove l'avevo lasciato, visti i risultati possiamo dire che assieme a Trinchera e al gran lavoro di mister Baroni ce l'abbiamo fatta. La nostra è una società che vuole raggiungere gli obiettivi. Non è stato facile, perchè il nostro è stato il mercato delle idee. È stato uno sforzo importante, non una passeggiata salutare, perchè dovevamo anche garantire al club sicurezza ed equilibrio a livello economico. Abbiamo fatto un gran lavoro, ci sono motivi per sentirsi orgogliosi. Il miracolo sta riuscendo, anche se mancano 15 partite”.

Quali sono state le idee più geniali?
“Alcune idee le abbiamo avute già due anni e mezzo fa, come Hjulmand preso a meno di 200mila euro, Strefezza a 450mila, Gendrey pagato meno di 100mila. Baschirotto 250mila, mentre Umtiti, Persson e Gonzalez addirittura gratis. Abbiamo fatto pochi mercati, ma in ognuno ci sono state idee importanti”.

Come si arriva a scoprire giocatori come Hjulmand?
“Abbiamo solo due osservatori. Ci avvallano soprattutto di esperienza, rete di conoscenze e rapporti costruiti negli anni con i procuratori di vecchia data. Falcone sono riuscito a portarlo grazie al suo procuratore Fali Ramadani, con cui in passato ho lavorato per portare Jovetic, Milenkovic, Nastastic e Vlahovic a Firenze”.

In cosa consiste il mercato delle idee?
“Non è quello che si può fare alla PlayStation, dove puoi scegliere i migliori. Quella è per me l'arte del vedere, che può essere esercitata da tutti. Il mercato delle idee è l'arte dell'intravedere, più difficile. Ogni direttore sportivo ha i suoi parametri: io conosco la mia strada per raggiungere Roma”.

Quanto vale il tesoretto frutto del mercato delle idee?
“È ancora presto per quantificarlo”.

Quanto è costato?
“Tra prima squadra e primavera, una cifra complessiva di 6 milioni tra cartellini, procure e commissioni. A questi va aggiunto il monte ingaggi lordo complessivo di 16 milioni”.

 Qual è stata la scoperta più soddisfacente?
“Le soddisfazioni le ho avute anche da chi non era un talento, come Luca Toni, che divenne la prima scarpa d'oro d'Italia con 31 gol. A Lecce Lucarelli oppure Chevanton. Potrei fare tanti nomi come Miccoli, Bojinov, Ledesma, Vucinic, Bernardeschi, Jovetic, Milenkovic, Diawara o Pulgar, ma indico Pellé. È stato un prodotto del nostro settore giovanile e, nonostante lo scetticismo dei vari allenatori, ha sempre perseverato nel trattenerlo. Alla fine è diventato il quarto calciatore più pagato al mondo di tutta la storia del calcio”.

Il Lecce potrà ambire a compiere per qualcosa in più di una salvezza, un giorno?
“Siamo partiti con l'obiettivo di avviare un nuovo ciclo e siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi attraverso i giovani, la patrimonializzazione, la creazione di nuove strutture, attraverso metodica e idee. È stato fatto qualcosa di straordinario, ma oggi siamo concentrati sul presente, che è la salvezza. È logico, però, che l'occhio e le scelte che facciamo sono proiettate anche al futuro”.

Ha un sogno professionale che non ha ancora realizzato?
“Si, lo scudetto. Per mantenere fede agli accordi presi dove mi sentivo bene, ho rinunciato a lavorare per squadre che avrebbero lottato per vincerlo”.

È stato vicino a lavorare per grandi club?
“Si, Juventus e Roma. Accadde dopo la quarta qualificazione consecutiva in Champions League ottenuta con la Fiorentina, ma non mi va di parlare del passato”.

Rinuncerebbe al Lecce per tornare in Champions League?
“Ho scelto di lasciare due anni fa la Fiorentina e ho declinato altri inviti soltanto per tornare a Lecce. Questo sarà il mio ultimo volo”.

Chi sarà il suo erede?
“Mi auguro lo diventi Stefano Trinchera, ragazzo straordinario a cui sono affezionato. Lo sto allevando calcisticamente come un figlio, c'è da dire che non abbia poi bisogno di tanti consigli".

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