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La premessa è questa: riuscire a convincere Marina D’Arpe a rilasciare questa intervista è stato difficilissimo, per me ai limiti dello sfinimento. Le sue perplessità erano sempre le stesse “a che serve farla”, “ perché alle persone dovrebbe interessare il mio pensiero”, “io non son una che va sotto ai riflettori”, “io sono solo una tifosa” e tutto un campionario di rifiuti. Con il passare del tempo, dei mesi,  più di un anno, la sua posizione si è un po’ ammorbidita finché non sono riuscito a strapparle una promessa: mi avrebbe rilasciato l'intervista in caso di Serie A. Rispose positivamente ed essendo una donna di parola, come vedete, l’ha mantenuta. 

Perché intervistare la moglie del Presidente? Direte voi. Perché lo scoprirete presto…

In questa stagione l’abbiamo vista spesso in piedi a gridare, incitare, gioire. Poi l'abbiamo vista nei momenti di felicità, seguiti a volte dalla frustrazione, dalla  rabbia, poi ancora l’esultanza ed infine il sollievo, il traguardo, l’agognata Serie A. Tutto il campionario del tifoso accanito è l’essenza di Marina D’Arpe, moglie di Saverio Sticchi Damiani, il presidente del Lecce.

Raramente seduta, più spesso in piedi, perché l’avvocatessa è una tifosa sfegatata del Lecce, come il presidente, e questo ben prima che Saverio iniziasse a guidare il consorzio salentino. Ma è anche la sua più fidata confidente, colei che custodisce i segreti, partecipe di gioie e ansie, la donna che condivide l’inquietudine nelle notti insonni prima di una gara importante. Insomma, una persona che può aiutarci a scoprire meglio cosa si cela dietro la figura del Presidente…

Non solo. Parliamo di una professionista, donna intelligente, vulcanica, con la battuta sempre pronta, una che riesce a sdrammatizzare nei momenti difficili ed a vedere subito il punto da cui poter ripartire, per riprovare. Ma cominciamo…

Marina, lei tifa soltanto per il Lecce?
Si, da quando avevo dieci anni, il primo anno di serie A, mio padre mi fece il primo abbonamento allo stadio e da allora non ho mai smesso di seguire le sorti della squadra. Ero innamorata di Barbas e Pasculli, i miei idoli da bambina.

Quando ha conosciuto Saverio?
Al liceo classico, avevamo 15 anni io e 14 lui, io sono più ”vecchia” di un anno. Lui era una matricola e io a quell’età guardavo con occhio tenero i ragazzi più grandi. Però Saverio era molto carino e mi faceva una corte serrata, era sveglio, spigliato, con le sue battute mi faceva ridere, mi conquistò così. Nel 2006 ci siamo sposati e siamo ancora insieme, da trentadue anni.

Ed amavate entrambi il Lecce…
La passione per il Lecce ci ha sempre unito. Andavamo insieme anche allo stadio, da ragazzi.

Qual è stato il primo pensiero quando Saverio le disse che avrebbe potuto prendere in mano le sorti dell’U.S. Lecce?
Quando mi confidò che aveva intenzione di fare questo passo all’inizio ero contraria. Noi siamo sempre stati tifosi e sapevo che eravamo privilegiati in quella posizione. Il tifoso ama, soffre, a volte critica ma non ha alcuna responsabilità. Una volta entrati sarebbe stato tutto più complicato. Per questo motivo dissi di no, volevo mantenere il privilegio di poter restare come eravamo, appassionati, pazzi e sfegatati ma semplici  tifosi. 

Non sembra sia andata proprio così…
Ci pensai per una notte intera, la mattina dopo, mi fece cambiare idea. Mi convinse spiegandomi che il Lecce rischiava di scomparire e che lui non avrebbe mai voluto che accadesse. Mi bastò questo. Da subito fui completamente coinvolta nell’avventura, con grande passione, a volte troppa. Devo anche ringraziare Saverio perché ascolta con assoluta serietà il mio parere e questo mi gratifica.

Anni di gioie sportive al fianco del Saverio presidente, ma anche qualche dolore?
Si, certamente, al netto di qualche rigore sbagliato che purtroppo ha compromesso intere stagioni, il momento che ricordo con più tristezza è stato contro il Genoa, in serie A: stadio vuoto causa Covid. Era il tempo del primo drammatico lockdown, tutto sembrava definitivo; a Genova capii che non ci saremmo salvati, nonostante avessimo fatto un buon campionato. Ho ancora negli occhi quel tiro dei rossoblu con la palla sfiorata da Gabriel che prima sbatte sul palo, poi sulla schiena del nostro portiere e che drammaticamente s’infila in porta. Era un segnale nefasto per il nostro futuro in serie A e io lo colsi in quel preciso momento. Mi scesero le lacrime. 
 
E quello che ricorda con più gioia invece?
La promozione dalla C alla B, senza ombra di dubbio. Quel giorno mi sembrò di essere uscita da un girone dell’inferno, fu una liberazione. Un’emozione fortissima, finalmente ci eravamo tirati fuori da un incubo. Anche le gioie per le promozioni dalla B alla A sono state intense, travolgenti. Ma uscire dal pantano della serie C per me ha avuto un sapore diverso, di rivalsa, di rivincita per un intero popolo che calcisticamente e territorialmente non meritava quella categoria.

Marina, Lei è scaramantica?
Si, tantissimo, frasi dette, atteggiamenti, cose da fare. Mi rendo conto che parlarne può sembrare comico ma è così. Dai riti scaramantici ai vestiti da indossare in determinate occasioni legate alle partite del Lecce. Ma sono in buona compagnia, Saverio è come me. Lui ha una serie di capi d'abbigliamento che ha dismesso perché portavano solo sconfitte e ad un certo punto della stagione si è ridotto a mettere sempre le stesse cose, sia che facesse caldo o che facesse freddo. 

Cioè? Ha cambiato il guardaroba per il Lecce?
Alcuni vestiti sono stati banditi anche dall'armadio, ormai non vuole indossarli neanche durante la settimana. La stessa cosa vale per me, ad
esempio ho un cappotto che mi piace molto ma che ho denominato “il cappotto del dolore” infatti indossandolo annovero solo sconfitte. E' inutile dire che non verrà mai più con me alle partite. 

Basta così?
Ho anche la scaramanzia legata ai posti allo stadio, mi sono “impadronita” sin dal primo anno di una fila, la “M” di Marina. Lì intorno voglio che siedano solo persone a me vicine ed alle quali voglio bene. E' vero anche che me lo lasciano fare. 

Sono coinvolte altre persone?
Ho costretto mia madre di ottant’anni (pazza quanto me) a vestire per tutta la stagione un impermeabile verde, ogni volta che lo metteva facevamo risultati e quindi ho preteso che lo indossasse anche nelle serate più fredde; ricordo che per Lecce-Cremonese, tempo da lupi e vento gelido, lei pur di mettere quell'impermeabile aveva infilato uno sull’altro non so più quanti maglioni e sembrava l'omino Michelin.

Ci sono aneddoti divertenti che ricorda che hanno coinvolto Lei o il Presidente?
Li ricordo tutti ma alcuni è preferibile che restino segreti per sempre. Le parlo di quello che accadde ad Alessandria, quando perdemmo immeritatamente ai calci di rigore una partita correttissima e giocata benissimo da noi. Ovviamente ero allo stadio insieme a Saverio che alla fine
era sceso in campo a consolare i ragazzi, tutti in lacrime; ero rimasta in tribuna quando un gruppo di una ventina di tifosi avversari, invece di gioire per la vittoria, iniziò ad inveire dannatamente contro i nostri giocatori. Non ci vidi più ed andai a chiedere spiegazioni, ne nacque una discussione davvero pesante nella quale ero da sola ma non me ne rendevo conto, pretendevo che la smettessero. Alla fine fui sollevata di peso da due amici di Lecce che si fecero largo in quel capannello accompagnandomi fuori dalla struttura. Bisogna saper perdere, ma anche vincere.

Immaginiamo che non sia l'unico che ci può raccontare…
In un’altra occasione eravamo a Lecce, ero al mio posto ed ebbe la sfortuna di capitare un paio di file sotto il Prefetto; io ero in completa trance agonistica e posso solo immaginare, anche perché fingo di non ricordare, le urla e le frasi che uscivano dalla mia bocca: quel giorno ce l’avevo con tutti, con i nostri, gli avversari, l’arbitro, gli assistenti, non risparmiavo nessuno senza pensare che sotto di me c’erano le autorità e le istituzioni. Alla
fine del primo tempo il Prefetto andò da una persona che conoscevo e ridendo chiese :”ma chi è quella signora che sembra così gentile nelle pause e che invece si trasforma in una Furia quando ricomincia il gioco?". Sono fatta così, passionale in tutto.

Qualcosa sul Presidente?
Ve ne racconto uno su Saverio e poi basta. Premettendo che lui ha un ottimo rapporto con la classe arbitrale, di stima reciproca, c’è un arbitro che è
stato per tanto tempo la nostra bestia nera. Con due scaramantici come noi può ben capire gli scongiuri quando leggemmo le designazioni per quel turno. Eravamo fuori casa, la partita era tesissima, la palla non voleva entrare, andava tutto storto ed all’intervallo Saverio scese negli spogliatoi, mentre era lì e l’agitazione non passava sferrò un calcio ad una porta, sembrava quella di un magazzino. Invece era la sala Var! Si ritrovò tutti gli
arbitri di fronte a fissarlo stupiti, lui si scusò immediatamente e non sapendo cos’altro dire se ne uscì alla Checco Zalone: “e mettetela una cazzo di targhetta VAR alla porta, però!”.

Chi è Saverio Sticchi Damiani visto da una prospettiva privilegiata come quella di sua moglie?
Saverio è uno che, mentre il mondo che lo circonda sta scoprendo il presente, riesce a prefigurare il futuro e anche oltre.  È una delle persone più intelligenti che conosca. Per me l’intelligenza è un concetto molto complesso che lui interpretata perfettamente. L’intelligenza è soprattutto saper vivere e, per farlo al meglio, devi avere una sensibilità straordinaria, come la sua. Saverio è una mente pensante, è l’uomo delle intuizioni vincenti. E poi è generoso, gli piace condividere con gli altri le cose belle che gli accadono. La popolarità che dà il calcio può far perdere la testa ad alcuni, ma non a lui che è rimasto quello di sempre, con la sua vita, i suoi amici e il lavoro che adora.

Dall’anno scorso ha avuto modo di conoscere da vicino Pantaleo Corvino, che idea si è fatta?
Pantaleo Corvino è un maestro, sentirlo parlare di calcio è una sinfonia per chiunque ami questo sport. Ma non solo, è anche  un uomo che ama l’arte, pieno di interessi e di curiosità. La narrazione che si fa di lui non è completa perché dietro all’apparenza severa, a volte furente, c’è un uomo profondo, sensibile, con un grande spessore umano e altrettanto senso di responsabilità. L’ho visto sorridere poche volte in quasi due anni, solo quando si sedeva a tavola, in famiglia, di fronte agli spaghetti all’amatriciana che prepara sua moglie Rina e l’altra sera durante la premiazione del Lecce.
Saverio e Pantaleo hanno un rapporto sano, onesto, costruttivo, fatto anche di accesi confronti, ma basato sulla reciproca stima e fiducia, sempre in funzione di un unico obbiettivo. La sera del giorno in cui Saverio gli chiese di tornare a Lecce, mi disse che lo aveva convinto e che, secondo lui, sarebbe stato il miglior Pantaleo di sempre.

Ultima domanda. Se dico… Bari.
Da tifosa leccese autentica (in questo caso non parlo da moglie di Presidente), ho sempre coltivato la sana rivalità calcistica tra le due città. 
Esiste un’innegabile “antipatia” reciproca che però è circoscritta solo allo sport. Noi abbiamo molti amici baresi. Bari è una bellissima città, con un grande sindaco, molti baresi vengono a fare le vacanze nel Salento e sono da sempre accolti con grande ospitalità. Le polemiche degli ultimi giorni le ho trovate pretestuose ed un po’ eccessive, perché bisogna sempre contestualizzare gli accadimenti.
Mi farebbe piacere assistere ad un bel derby tra le due città, però in serie A. Noi li aspetteremo molto volentieri, senza fretta…(ride)

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