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Ha vinto, ha conquistato promozioni e salvezze con la maglia del Lecce, ma ha anche conosciuto il sapore amore della retrocessione e delle contestazioni da parte di una tanto calorosa quanto esigente e profondamente legata al suo territorio.

Questa mattina abbiamo intervistato per voi Souleymane Diamoutene, ex storico difensore del Lecce. Ci ha raccontato il suo presente, il suo passato in giallorosso ed il perché di alcune criticate scelte:

“Adesso sono in Francia, vivo a Parigi con la mia famiglia, ho giocato fino al 2019, ho preso il patentino UEFA B ed una qualifica di educatore, con una formazione che è durata 11 mesi. Voglio però chiarire una cosa: non ho chiuso con il calcio e per quello non ho acquisito anche il patentino UEFA A, mi sento bene e voglio giocare ancora”. 

Quando la conversazione inizia a spostarsi sul Lecce, il tono di voce cambia e l’ex difensore si lascia quasi tradire dall’emozione:

“Lecce è nel mio cuore, è la mia famiglia, ho giocato tantissimi anni lì, mi sono trovato bene con i leccesi, ho comprato una casa nel Salento. Non posso dirvi di un anno in particolare, perché tutti gli anni che ho vissuto lì sono stati entusiasmanti. Vi svelo un retroscena: quando siamo retrocessi potevo andare via, avevo delle belle offerte, vantaggiose anche economicamente, ma sono rimasto per riportare il Lecce in Serie A. In quella stagione, poi, sono stato eletto nella top 11 della Serie B. La ricordo perfettamente”.

Diamoutene era un difensore vecchia scuola, pragmatico e preciso nella chiusura. Nella sua carriera ha incontrato tanti allenatori e, soprattutto, ha lavorato con Zdenek Zeman, un tecnico che non fa della fase difensiva il suo biglietto da visita:

“Innanzitutto, vorrei salutare mister Zeman con grande piacere, è stato un grande e rimarrà per sempre un grande. Lui preferisce fare la fase offensiva, cura poco quella difensiva. Ha un chiodo fisso in testa: vuole vincere segnando un gol in più dell’avversario. Per un difensore o per un portiere non è facile, perché alla fine rischi sempre di vincere o perdere subendo tanti gol. Dietro si soffre parecchio ma ci sta. Solitamente la squadra migliore, che raggiunge gli obiettivi, è quella che prende meno gol, ma la sua filosofia è differente”.

Dopo aver disputato grandi stagioni con il Lecce, Diamoutene ha sentito il profumo della grande piazza e delle coppe europee e si è trasferito alla Roma in prestito:

“Altro anno fantastico quello vissuto a Roma. Giocare in Champions è stato incredibile. Purtroppo ero in prestito con diritto di riscatto, c’era qualche problema societario e non mi hanno potuto tenere. La presidentessa mi disse che, qualora avessimo superato il turno contro l’Arsenal, avrebbero avuto i soldi per riscattarmi. Siamo, però, usciti ed allora sono andato via e tornato a Lecce". 

Qui, in realtà, inizia un nuovo capitolo della carriera di Souleyame, con risvolti che vanno anche al di là del calcio e che l’ex centrale difensivo giallorosso ha voluto raccontare per spiegare una volta per tutte cosa sia accaduto realmente: 

“Quando sono tornato al Lecce dal prestito alla Roma la situazione era complicata. La dirigenza salentina mi disse che avevo uno stipendio alto e che sarei dovuto andare via. Avevo delle offerte dall’estero ma non volevo perdere la cittadinanza italiana, volevo rimanere in Italia. Mentre ero in vacanza in Mali, la mia procuratrice mi chiamò e mi disse che mi voleva Antonio Conte al Bari. Il mister era già un grande allenatore, si vedeva che avrebbe fatto strada, e così decisi di andare. Poi alla fine Conte non è nemmeno rimasto in biancorosso ma io avevo ormai dato la mia parola alla società e non potevo tirarmi indietro. Anche Ventura comunque mi chiamò per spingermi ad andare da loro. Ci ho pensato parecchio e tornassi indietro non lo rifarei. Ho giocato pochissimo perché sono esplosi Bonucci e Ranocchia ed ho visto il campo con il contagocce. Lecce mi amava ma dovevo pensare anche alla mia famiglia ed alla mia carriera, non l’ho fatto per tradire l’amore dei leccesi”.

Dopo l’ennesimo prestito, questa volta al Bari, Diamoutene è ritornato nel Salento, con il Lecce in Serie A, e questa volta è rimasto nuovamente, nonostante la tifoseria non gli avesse perdonato quel trasferimento in biancorosso: 

"Quell’anno, in ogni allenamento del giovedì, i tifosi mi contestavano, urlandomi contro di tutto. Io, però, mi sono sempre allenato con grande professionalità e non ho pensato alle critiche. De Canio mi convocò per una sfida in Coppa Italia ma non mi fece giocare. Poi contro la Sampdoria, a causa di tanti infortuni nel reparto difensivo, mi chiamò di nuovo. Incredibilmente entrai pure in campo. Eravamo sotto di due gol e di un uomo a causa dell’espulsione di Chevanton. Mi arrivò il pallone del 2 a 2 e segnai. Piansi come un bambino, non riuscivo a trattenere le lacrime, fu un’emozione fortissima. Io ho capito il perché di tutte quelle critiche ed ho sempre rispettato la tifoseria leccese”.

Dopo tutte queste vicissitudini, Diamoutene ha deciso di lasciare il Lecce per sempre, rescindendo consensualmente il contratto: 

“Dovevo andare al Granada: era tutto fatto. Con il contratto in mano è saltato l’accordo perché il giocatore che doveva arrivare al mio posto ha rifiutato il trasferimento. Sono andato al Levski Sofia ed ho iniziato a girare per un po'. Adesso sono in Francia e, nonostante i 40 anni, mi sento bene ed in forma. Magari un giorno vorrei diventare un bravo allenatore, il sogno sarebbe allenare il Mali, ma per ora non ci penso e spero arrivi un’altra occasione per giocare”.

La distanza non ha mai allontanato veramente Diamoutene dal Lecce. Il maliano, infatti, segue i giallorossi e Pantaleo Corvino, l’uomo che ha puntato su di lui più di 20 anni fa:

“Il direttore è un grande esperto di calcio, un mito assoluto. Tempo fa ci siamo visti e salutati, per me rimarrà per sempre un idolo. D’Aversa lo ricordo da giocatore, era un tipo arcigno, difficile da superare. Credo che sceglierlo sia stata una mossa intelligente, mi piace, può fare bene.”

 

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