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Sinisa Mihajlovic, tecnico del Bologna prossimo avversario del Lecce, ha ottenuto un importante riconoscimento: il premio Gazzetta Sports Awards. Alla “Rosea” il tecnico dei rossoblù ha raccontato la sua battaglia contro la leucemia. Questo il suo pensiero: “L’affetto ricevuto mi ha aiutato. Non volevo fare l’eroe, affronto i problemi così, non mi piace scappare. Ho continuato a fare il mio lavoro perché mi faceva sentire vivo. Non vedevo l’ora di vedere l’allenamento dei miei in diretta in tv dall’ospedale. Sono cose che mi tenevano in vita. Ma soprattutto la mia famiglia, mia moglie Arianna, i miei figli. Le tifoserie, il mondo del calcio. Ringrazio tutti perché mi sono sentito in una grande famiglia, quindi in obbligo di far capire alle persone che non bisogna aver paura, ma aver voglia di combattere. Poi non è detto che tutti debbano affrontarla come lo faccio io, ma bisogna darsi piccoli obiettivi. Arianna è stata tutti i giorni con me. Ha dormito su una sedia”. Il tecnico del Bologna svela un rimpianto: “Mio padre aveva il cancro e io non l’ho potuto abbracciare per l’ultima volta. Ora quando bevo la grappa ne prendo una per me e una per lui”. Mihajlovic aggiunge: "Il primo è il pallone di pelle comprato da mio padre. Poi la mia prima scarpa, usavo quelle da rugby. Quando ho vinto la Coppa dei Campioni con la Stella Rossa. Entrare nella storia del calcio slavo è stato fantastico. Il quarto momento è quando ho avuto la fortuna di giocare con Mancini tutte le partite, gli ho fatto fare un sacco di gol”. Poi svela come ha iniziato la carriera da allenatore: "Ho cominciato a fare questo lavoro grazie a Mancini, una delle soddisfazioni più grandi è stata fare il c.t. della mia nazionale. Poi quando sono andato al Milan e alla Sampdoria. Ma anche a Bologna, lo scorso anno abbiamo fatto un mezzo miracolo”.
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