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Per anni Fabiano Santacroce è stato il vero tormentone del calciomercato del Lecce. In ogni sessione, sia estiva che invernale, il suo nome veniva puntualmente accostato ai giallorossi, salvo poi sfumare nel giro di qualche giorno.

Per quanto ci risulta, i salentini non sono stati mai vicini all'ex centrale del Napoli che, in ogni caso, ha disputato una buona carriera, seppur troppo corta, togliendosi anche qualche soddisfazione. 

Nonostante abbia appeso gli scarpini al chiodo a soli 27 anni a causa di un problema al ginocchio e vicende personali, l'ex centrale difensivo non ha mai smesso di credere nei suoi sogni ed oggi ha deciso di raccontare la sua vita in una lunga intervista al Corriere del Mezzogiorno:

DA CALCIATORE - “A Napoli mi è capitato di ricevere punizioni perché arrivavo tardi agli allenamenti. Giusto, ma avevo un problema di salute: non tiravo tardi la sera, il mio era un disturbo del sonno certificato. 

Prendevo pillole, ma non sentivo la sveglia. Mentre in giro si diceva: si ubriaca, si droga. Dopo l’infortunio al menisco facevo ottanta chilometri al giorno per andare in un centro specialistico nel Beneventano a fare terapia, la sera il mio ginocchio era sempre gonfio. Forse non dovevo guidare io? E chi doveva dirmelo?”

LE DIFFICOLTÀ DEL MONDO DEL CALCIO - "Sono passato da ventimila euro al giorno ad avere in tasca dieci euro al giorno. A fare i conti nelle tasche per gestire due bambine nate da poco. Non è stato semplice, la mia famiglia di origine mi ha aiutato finché ha potuto, mia moglie Barbara Petrillo non si è mai fermata nel mondo della moda e della televisione. 

Ho sofferto, certo. Ma i soldi non sono stati un problema quando erano tanti, non lo sono diventati quando sono finiti. Il calcio mi ha fatto sicuramente fare una vita bella, senza privazioni. Ma i soldi sono soltanto un mezzo non altro. 

Oggi quando vedo un ragazzo delle serie minori che ha talento e poche possibilità gli prometto il telefono nuovo o le scarpe migliori in cambio di un piccolo obiettivo da raggiungere in campo. Il calcio è un mondo bellissimo, a me però ha riservato anche solitudine. 

Non ho avuto protezione, nessuno che mi abbia gestito veramente facendomi capire anche gli errori che commettevo. Ecco perché ho scelto di cominciare la mia avventura da talent scout partendo dagli ultimi".

UN'AGENZIA TUTTA SUA - “Sì, tutto è cominciato due anni fa. Al tavolo di un bar a Napoli con un mio ex compagno ai tempi del Como, Luca Di Mattia. Difensore fortissimo, molto più di me. Giocava poco, non aveva né soldi, né santi in paradiso. Smise presto. All’epoca gli dissi: se un giorno dovessi fare qualcosa nel calcio, il primo che chiamo sei tu. È andata così, lui ormai si occupava di altro: lavorava nei locali notturni. 

Ci siamo detti quella sera: cominciamo a girare tra i campi delle squadre giovanili e nelle scuole calcio, guardiamo noi i ragazzi in tutta Italia. Settantamila chilometri al mese da soli. Oggi c’è la Idv Management: abbiamo uno studio dove lavorano otto persone”.

La vita riserva sempre una seconda possibilità, ma è importante anche andare a prendersi il proprio futuro. 

 

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