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Si chiude nel peggiore dei modi l’esperienza di Marco Mancosu al Lecce.

L’ex capitano passa alla Spal a titolo definitivo e firmerà un biennale con i biancazzurri.
La società salentina, come anticipato in conferenza stampa, ha liberato il numero 8 a parametro zero per venire incontro alla volontà del calciatore. Una scelta elegante e rispettosa verso quanto fatto dal centrocampista per questa città.

Sì, perché di questo si tratta: Mancosu ha deciso di lasciare Lecce. Lo meditava da tempo e lo ha comunicato al presidente Sticchi Damiani dopo la trasferta in Olanda.

Una decisione rispettabile che, senza qualche uscita a vuoto da parte di chi lo rappresenta, non avrebbe minimamente intaccato ciò che il numero 8 è stato per la piazza leccese.
Dopo cinque anni in cui il sardo ha dato tanto a questa maglia (ricevendo altrettanto, è necessario precisarlo) questo poteva essere il modo migliore per salutarsi.
Certo, il campo non avrebbe lasciato una cartolina da sogno, ma alla base del legame tra un capitano ed una squadra i risultati passano in secondo piano.

Ci si poteva salutare così, con una scelta sincera e condivisibile, invece si è chiuso questo percorso nel peggiore dei modi. 

La famigerata “rottura“ col Lecce è avvenuta attraverso le parole di chi lo rappresenta in quanto procuratore.

Come? Prima di tutto mettendo in discussione quanto affermato in conferenza stampa da Sticchi Damiani. 
Il presidente ha parlato chiaro: Mancosu ha chiesto la cessione. È accaduto questo. Perché, dopo 5 anni di grandissimi rapporti personali, oltre che calcistici, una persona corretta e composta come il presidente del Lecce dovrebbe inventare il contenuto di un incontro con un tesserato verso cui nutre grande stima?

E questo è il primo punto. Il secondo (che si appoggia sulla tesi del precedente, quindi non ha senso di esistere) è il seguente: Mancosu va via per una questione di procure.
Una grossa risata verrebbe spontanea considerando le decine di calciatori sotto contratto col Lecce che giocano con continuità in giallorosso nonostante una procura differente da quella citata nel fantasioso discorso.

Una mancanza di rispetto innanzitutto all’uomo e professionista Pantaleo Corvino, e poi a tutta l’Unione Sportiva Lecce, società che ha cresciuto Mancosu e merita rispetto.

Quest’ultimo da parte dei salentini c’è sempre stato; viene in mente con facilità lo scorso anno, quando il sardo nonostante un “mal di pancia” noto a tutti venne reintegrato da protagonista, con tanto di conferenza stampa di scuse.

Dall’altra parte, il rispetto è venuto a mancare. Come quando nel gennaio del 2019, durante la cavalcata verso la promozione piovevano news di interessamenti del Cagliari (chiaramente non diffuse dal Lecce). O lo scorso settembre, quando a detta di molti il Monza era pronto a pagare la clausola (cosa mai successa, nemmeno sfiorata). 
Diciamo che mediaticamente Mancosu è stato molto spesso vicino all’addio al Lecce, nonostante alle volte a Via Colonnello Costadura non ne fossero nemmeno a conoscenza.

Sticchi Damiani e soci hanno sempre difeso il proprio capitano in quanto non solo dipendente ma soprattutto amico. L’avventura si sarebbe potuta chiudere al meglio semplicemente con un discorso tra persone corrette e sincere.
Ciò è avvenuto, dopo è successo un uragano, partito non dalla bocca di Mancosu ma da quella del suo agente.
Da questo punto di vista cambia ben poco, se l’ex capitano non fosse d’accordo con i modi di fare del suo procuratore potrebbe tranquillamente prenderne le distanze.
Non lo ha fatto, quindi ci tocca constatare che condivide tutte le accuse (pesanti e forse diffamatorie, questo lo deciderà un tribunale) verso la società che lo ha condotto fino alle stelle.

Ora il capitano della doppia promozione lascerà davvero il Salento.
Quanto dato per 5 lunghi anni resterà per sempre nella storia. Purtroppo anche quanto accaduto negli ultimi 5 giorni. Tutto, di gran lunga, evitabile.

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