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Il Lecce a Cosenza gioca una di quelle partite in cui butta via letteralmente due punti. Succede che contro una squadra più debole, in grande crisi d'identità e sotto dopo un minuto, il Lecce decide, dopo aver sbagliato il rigore, di non giocare più. Almeno fino al gol del vantaggio dei calabresi. Decide, forse inconsciamente, di specchiarsi troppo e praticamente di perdere la partita. Si, perdere, avete capito bene, perchè questa partita, nonostante l'impegno dopo lo svantaggio ed il pareggio conquistato sul filo di lana, si può tranquillamente paragonare ad una sconfitta.

Persa perchè sono mancati gli stimoli e quando lotti per vincere il campionato devi averli sempre, anzi devi averli in misura maggiore rispetto ai tuoi avversari. Perchè l'indolenza di alcuni uomini in campo è inammissibile se giochi per arrivare in serie A, perchè bisogna avere rispetto per quei tifosi, quasi cinquecento, che in una giornata infrasettimanale percorrono chilometri per sostenerti ed in ultimo per la società che adempie con sacrificio a tutte le necessità senza farti mancare niente.

A fronte di tre, quattro individualità che cercano di mantenere alta la concentrazione e capiscono la fase delicata del campionato, ce ne sono il doppio che forse a causa della giovane età, sembra che pensino che tutto gli sia dovuto.

In realtà la fame, la voglia di sbranare sportivamente gli avversari, la necessità di metterli al tappeto quando ce n'è l'occasione non deve mancare mai in chi vuole vincere. Perchè senza la cattiveria agonistica, anche se sei molto più forte dell'avversario, rischi di perdere facendo figuracce. Proprio quello che è successo al Lecce fino ad un minuto dalla fine della gara quando con attacchi all'arma bianca e Lucioni ad affiancare le punte (cosa che non vorremmo vedere mai) Blin è riuscito, in mischia di testa, a segnare la rete del pareggio.

Dopo il gol dello svantaggio, nella seconda frazione di gioco, il Lecce si è risvegliato dal torpore ed ha iniziato a sbattere con regolarità sul muro creato dal Cosenza. Non c'erano spazi chiaramente, ma i giallorossi dovevano prevederlo prima di addormentarsi nel primo tempo e di andare sotto nel punteggio; mancava la profondità e gli avversari, ovviamente, spezzettavano il gioco perdendo tempo. In tutto ciò la manovra del Lecce è stata confusionaria e incapace di trovare sbocchi puliti. Baroni dal canto suo, vista la prova incolore di alcuni elementi, oltre a sostituirli ha cambiato sistema di gioco, passando al 4-2-3-1; dentro Rodriguez per uno spento Listkowski, Blin per un irriconoscibile Majer e Ragusa per uno stanco Strefezza; anche Calabresi per un Gendrey in netto calo ed Asencio per Gargiulo (non pervenuto) hanno contribuito a invadere la metà campo calabrese e l'area di rigore avversaria. Stavolta è stato bravissimo il direttore di gara (ne avessimo avuti altri così) che ha ammonito i falli duri dei padroni di casa e non si è fatto prendere in giro dalle perdite continue di tempo. Ha recuperato tutto facendo giocare per ben otto minuti oltre il novantesimo e, ironia della sorte, proprio grazie a questo i giallorossi sono riusciti a pareggiare, con buona pace dell'inutilmente scenografico e sbraitante Bisoli.

Speriamo che questa partita, questa prestazione, serva da monito per i giallorossi, perchè sabato a Parma ci sarà un'altra “finale” così come saranno tutte da qui alla fine, contro una formazione che in B non è riuscita a trovare il bandolo della matassa, ma sicuramente è di gran lunga più forte del Cosenza. Non sarebbe tollerabile un'altra “performance” come questa ammirata in Calabria, perchè contro i gialloblu il settore ospiti è già “sold out”, i tifosi al seguito saranno più di millecinquecento e se sono ammessi i passi falsi, non sempre si può vincere, sicuramente non sono più tollerabili cali di concentrazione.

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