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Sconfitta meno amara, meno netta, ma sempre dura sconfitta. Il Lecce cede 2-3 al Bologna, dopo essere stato sotto di tre gol, non riesce a sfatare il Via del Mare, ormai vero e proprio tabù e vede avvicinarsi sempre più la terz'ultima. Solo un punto separa i salentini dal Brescia. Il Lecce inizia bene, va anche in gol con Babacar, poi annullato per fuorigioco, tiene benino il campo finché non arriva il solito "corto circuito". Due palle perse da Lucioni in uscita, una da Tachtsidis, tre miracoli di Gabriel; tutto questo permette al Bologna di spezzare gli equilibri, senza meriti evidenti e trovare coraggio chiudendo i giallorossi in area finché non arriva il gol. Storia già vista e rivista purtroppo. Gli uomini a disposizione dell'allenatore giallorosso sono sempre contati tra squalifiche, infortuni e acquisti che non hanno rappresentato il "valore aggiunto" per cui sono stati ingaggiati. A questi si aggiungano le condizioni non ottimali degli interpreti in campo ed il gioco è fatto. Però non tutto deve necessariamente rappresentare una scusante per una formazione, ribadiamolo, composta da uomini che non mollano mai e veri professionisti, che deve però interpretare e preparare le partire con più accortezza. Se è vero l'assioma che la partita della domenica spesso è lo specchio degli allenamenti settimanali, le considerazioni che si fanno sulla deficitaria fase di non possesso allenata dal tecnico, sin dallo scorso anno, sono sempre le stesse e cioè negative. Non solo il "gioco di Liverani" l'abbiamo potuto apprezzare con il contagocce in questa stagione ma la fase difensiva è quasi sconosciuta a questo gruppo. Oggi, un Bologna sicuramente più forte, ha dato lezioni non di calcio, ma di tattica. I felsinei in fase di non possesso oltre ad aggredire in avanti in determinati frangenti (chissà perchè il Lecce non ci riesce), schermavano anche il costruttore di gioco giallorosso, prima Tachtsidis, poi Petriccione nel secondo tempo e raddoppiavano sistematicamente su Falco. A dimostrazione che pur più forti sulla carta, avevano preparato la partita anche dal punto di vista difensivo. Questa è una costante che abbiamo incontrato nella quasi totalità delle gare fin qui disputate, anche quando il Lecce ha vinto. In serie A non si può pensare di fare gran calcio o semplicemente calcio, escludendo la fase difensiva. Perchè? Perchè per una “piccola” come il Lecce, la fase di possesso nell'arco dei 90 minuti è poca per minutaggio e non basta per fare la differenza. A meno che non si abbia una condizione atletica stratosferica nel 90% degli interpreti, così da sopperire alle deficienze tattiche; condizione che il Lecce non ha e non ha mai avuto in questo campionato. Contro il Bologna si sono riviste le “pecche” targate Lecce: avversari che entravano in area di rigore senza difficoltà con la palla al piede, marcature preventiveballerine”, spazi invitanti tra linea difensiva e quella di centrocampo e concessione della profondità quasi ad ogni azione avversaria. Di contro il Bologna ostruiva tutte le linee di passaggio, faceva densità nelle zone del campo già decise, effettuava raddoppi sugli uomini più pericolosi e pressava sin nell'aera di rigore. Fatte queste premesse il risultato non poteva non essere che quello maturato fino all'85', quando il Lecce con Babacar ha effettuato il primo tiro nella porta avversaria segnando un gol. L'altro tiro in porta è stata opera di Farias pochi minuti dopo che ha poi fissato il risultato con cui si è chiusa la partita. Ora ai calciatori del Lecce spettano giorni di meritata vacanza, utili a staccare la spina per poi ricaricarsi; per i dirigenti e l'allenatore, no. C'è da migliorare sia qualitativamente che numericamente un organico non completo se si vuole vincere la “scommessa salvezza”. Il Lecce ha sia le capacità manageriali che le risorse finanziarie per poterlo fare.
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